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Alvaro Múnera ex torero divenuto attivista animalista: dalla sua storia costellata di dolore inflitto agli Animali, si evince l’importanza che hanno nella formazione dell’individuo l’ambiente e i legami familiari. Múnera costretto in sedia a rotelle proprio da uno di quei Tori che massacrava, cambia la sua esistenza, ma non abbandona del tutto la visione gerarchica dell’esistenza che lo accompagna da sempre: è stato Dio secondo lui a mostrargli una nuova via, e non la disperazione e l’estremo tentativo di salvarsi la vita di un povero Toro. In ogni caso la sua è una storia interessante.
Intervista a D. Alvaro Múnera. Da torero a paladino contro la tortura
12 aprile 2013
Autore: Julio Ortega Fraile
Fonte: OtroMadrid
Tradotto da Angela Seggio per PeaceLink
Ho avuto la grande soddisfazione di intervistare D. Alvaro Múnera, un tempo torero e da molti anni difensore attivo per terminare la tortura sugli animali, riguardo la tauromachia. Quest’uomo che un tempo è stato matador di tori e oggi, dal suo incarico di Consigliere per la Città di Medellin (Colombia) e come parte della Fondazione F.A.U.N.A., che riunisce varie Associazioni contro il maltrattamento Animale, lotta senza sosta per far finire tanta crudeltà, costituisce un esempio non solo di superamento fisico, – un’incornata lo ha lascito sulla sedia a rotelle – ma anche di compromesso e di uno sforzo per sradicare la tortura come forma di commercio e di divertimento. Lui, che era parte di questo mondo, conosce come pochi la realtà della tauromachia e ci parla con assoluto coraggio e sincerità, per cui lo ringrazio ed esprimo tutta la mia riconoscenza per il suo incessante lavoro in favore di questa causa.
Sig. Múnera, vorrei iniziare chiedendole qualche notizia sulla sua vita.
Sono nato nella città di Medellín, dall’età di quattro anni mio padre mi ha sempre portato alle corride. Non solo a quelle di Medellín, ma anche di Manizales. Questa era la passione di mio padre, questo è quello che si respirava in casa mia, tori da tutte le parti, non si parlava di calcio o di altre cose, solo di tori. Sono cresciuto così e quando ero al liceo, a dodici anni, decisi che volevo diventare un torero. Ho iniziato la mia carriera taurina e quando all’età di 17 anni, vinsi durante la Fiera a Medellin, questo mi servì affinché il manager di José Cubero “El Yiyo” Tomás Redondo, mi ingaggiasse e mi portasse in Spagna. Ho combattuto lì in 22 combattimenti e nella Plaza de Toros di Munera, ad Albacete, del 22 settembre 1984, un toro afferrò la mia gamba sinistra e mi gettò in aria. Ho subito una lesione del midollo spinale completa, un trauma cranico e una diagnosi senza via d’uscita: non avrei mai potuto tornare a camminare. Quattro mesi dopo venni portato negli Stati Uniti dove ho iniziato il mio periodo di riabilitazione, un periodo di tempo di cui ho approfittato per iscrivermi all’università, e ho vissuto quattro anni in un paese non taurino come un’assoluto criminale per quello che avevo fatto ai tori. Dunque sono diventato un difensore degli animali e da quel momento fino ad oggi ho lavorato per il diritto di ogni essere vivente a non essere torturato e spero di continuare fino all’ultimo giorno della mia vita.
Quando e perché ha deciso che desiderava dedicarsi alla corrida?
Il motivo che mi ha portato a diventare un torero era un’eredità di famiglia, non perché mio padre fosse stato un torero, dal momento che era un architetto, ma perché quella era la sua passione, la sua vita. Lui è ancora vivo, ma non è più la sua passione, culturalmente è molto cambiato in questo senso, ma in quel momento era il suo più grande desiderio, quello che lo emozionava e che più gli piaceva. Così, all’età di dodici anni, risultato di questa eredità familiare e di avermi portato a tutte le corride da quando avevo quattro anni è stata la mia decisione di voler diventare torero. Nel mio caso non vi era alla base una situazione economica precaria perché la mia famiglia non disponeva di risorse limitate, ho avuto l’opportunità di studiare e in effetti era quello che stavo facendo. Ho finito la scuola superiore prima di partire per la Spagna e di andare in un università ben nota qui a Medellín, l’Universidad Pontificia Bolivariana, ma capisco che la maggior parte dei toreri arrivano alle corride a causa di situazioni economiche molto precarie e vedono questo lavoro come un’opportunità per ripagare economicamente la proprie famiglie e per sfuggire loro stessi alla povertà. Per questo io sono più colpevole, per aver fatto qualcosa di barbaro e crudele a partire del mio mondo quando ho avuto la possibilità di studiare, di abilitarmi ed è inconcepibile che con una formazione educativa importante io abbia scelto una professione di tortura e crudeltà contro gli animali.
Durante la sua vita come torero, non ha mai riflettuto sulle sofferenze che il suo lavoro causava ad altri esseri viventi e dell’inutilità di tale atrocità?
Ci sono stati diversi momenti critici della mia carriera taurina in cui ho visto tanta crudeltà che ho desiderato lasciare: quando ho ucciso una giovenca in stato di gravidanza e ho visto come tiravano il suo feto dal grembo materno, in quel momento volevo andare via perché avevo ucciso due vite e la scena era così dantesca e tanto impressionante che dissi “mai più”, incominciai a piangere e a vomitare, ma mi diedero una pacca sulla spalla e il mio agente mi disse “tranquillo, diventerai una figura di prim’ordine delle corride, questi inconvenienti sono parte del lavoro “così ho sprecato la prima occasione continuando la mia carriera, cosa che oggi per me è inconcepibile e della quale mi vergogno, ma all’epoca avevo 14 anni e non ero sufficientemente maturo per smettere. Poi, quando a porte chiuse uccisi un toro che colpì con cinque o sei colpi di spada e, l’animale, con parte dei suoi organi interni fuori, lottando per la sua vita, aggrappandosi ad essa con le poche forze che gli rimanevano, mi impressionò molto e mi indicò la strada del ritiro, tuttavia, avevo già preparato il mio viaggio in Spagna e attraversai l’Atlantico, dove arrivò la mia terza opportunità, la più forte, e Dio disse: “se non lo vuoi capire così, lo capirai ora in un altro modo” e lì compresi molto bene la lezione; è stata una bella esperienza, perché come essere umano ha significato superare la mia situazione clinica e addirittura lavorare per riparare tutti i miei crimini, è stata una grande esperienza per me.
Una terribile incornata l’ha allontanata dalle arene, ma, cosa l’ha spinta a diventare un attivo difensore degli animali?
Dovete pensare che la mia carriera da torero si è svolta tra i dodici ei diciotto anni, quando fui incornato. Da lì mi trasferirono negli Stati Uniti e fu in questo paese dove ho davvero cambiato modo di pensare. In un primo momento sono stato in contatto con il personale dell’ospedale e poi, fuori, quando mi sono confrontato con una società totalmente antitaurina, nella quale non concepiscono che esistano paesi in cui si torturano e si uccidono animali. Quel rifiuto e questo ripudio, me lo facevano sentire in qualunque posto andassi: in Ospedale, all’Università, nella mia cerchia di amici. In un primo momento ha cercato di difendere la corrida con gli stessi argomenti che utilizzano i toreri, ma la forza degli argomenti contro la tortura sono tali che, facendo una cosa sensata, accettai di essere io in errore, che la ragione era per il 99% dalla parte dell’umanità che è contro gli spettacoli crudeli per gli animali e capì che Dio mi stava dando ora la possibilità di accettare il fatto che avevo sbagliato e per riparare i miei crimini.
Ciò che mi ha reso contro la corrida e mi ha portato a difendere gli animali non fu l’incornata in se, forse se avessi proseguito in Spagna avrei continuato ad essere in favore delle corride; fu l’aver vissuto il mio periodo di riabilitazione in un paese che non concepisce che la gente si diverta torturando gli animali, che ci vede come un popolo arretrato, che mi resi realmente conto che quello che avevo fatto era stata una barbaria assoluta.
Cosa ne pensa delle argomenti utilizzate di volta in volta dai difensori delle corride, come : che il toro è nato per questo, che crea lavoro, che è una tradizione, che non soffre, che si tratta di una lotta pari a pari, che vive bene fino al momento della corrida, ecc…?
Gli argomenti addotti dai toreri per difendere la corrida, più che argomenti sono scuse. Prima di tutto dovete sapere una cosa, ci sono diversi indirizzi e-mail che circolano su internet che dicono che ai tori, prima delle corride, vengono unti gli occhi con alcune sostanze, presi a botte nei reni, che gli introducono oggetti nel retto, e almeno per quanto ho avuto modo di vedere non mi è mai toccato assistere a spettacoli simili. Al toro limano la punta del corno, che è illegale, lo fanno in quasi tutte le arene, ma direi che non c’è tortura perché questo non provoca dolore al toro. Penso che la tortura sugli animali in sé, anche se esiste durante il trasporto, inizi quando il toro viene marchiato e poi arriva la lancia del torero, le banderillas, la stoccata, e durante la fase della corrida in cui si pungolano i tori, i pugnali del castigo.
I toreri dicono che il toro è nato per questo, e che se non esistessero le corride scomparirebbe una specie. In primo luogo bisogna dire che non è vero che il toro è nato per questo, nessuno è nato per essere torturato, il toro da corrida non è una specie, è una razza creata dall’uomo, progettata e costruita da lui per raggiungere quello che oggi è il toro da corrida sulla base di molti incroci e non una specie, che sarebbe il vitello, e il toro non smette di essere una razza più di questa specie. Quindi, crescere gli animali per essere torturato eticamente è qualcosa che non si potrà mai accettare. La Società civile non può accettare di allevare un animale, un essere vivente, con il sistema nervoso centrale simile al nostro, per essere torturati e che, addirittura, le persone si divertano con il suo calvario, il toro cade sotto il proprio peso e, come ho detto, la tauromachia non avrà mai argomenti che possano difenderla, al massimo scuse, ma mai argomenti. Che altro possono dire? Che produce molti posti di lavoro, che, come il turismo, molte persone vivono di quello. Se questo argomento fosse sostenibile potremmo anche chiederci per quale motivo vogliamo l’eliminazione del terrorismo, del traffico di droga, del sequestro di persona, dell’estorsione, della stessa guerra che allo stesso modo genera un enormi entrate e ci sono molte persone che vivono grazie ad essa, allora mai qualcosa di crudele, barbaro, sanguinoso, può valere la pena affinché la gente ottenga da lì il loro modus vivendi.
Difendere tradizione brutale, in cui la prima vittima è innocente e dove viene brutalmente torturata e massacrata, come vuole la tradizione è eticamente inconcepibile. Se fosse così avremmo dovuto difendere come tradizione i sacrifici umani dei popoli Maya e gli Aztechi. L’unico modo è quello di superare le tradizioni barbare che oggi sono viste come nere pagine della storia, sono sicuro che molto presto la corrida verrà vista come una pagina nera nella storia dell’umanità. In alcuni paesi, in un prossimo futuro la gente si chiederà: come è stato possibile che abbiamo permesso di divertirsi torturando e uccidendo animali?
Il toro non soffre. Questo è una falsità assoluta e totale; a parte il modo in cui si contorce quando lo infilzano con le banderillas e i pugnali del castigo o la lancia, per capire che il toro soffre come noi – e in effetti la biologia e la fisiologia lo hanno mostrato chiaramente – basta sapere che il toro ha un sistema nervoso centrale che risponde agli stimoli del dolore nello stesso modo del nostro e dire che il toro non soffre, più che una scusa che inventano è un atto di tale audacia e di ignoranza che lambisce l’assurdo e la stupidità.
Non è certo che si tratti di una lotta tra pari, se fosse così la media dei toreri morti dovrebbe essere pari alla media dei tori morti, il torero ha la prestanza fisica, con l’uso della ragione, ha gli argomenti mentali sufficienti per ingannare il toro,se lo punge per renderlo più debole fisicamente, il toro semplicemente si difende contro chi lo aggredisce ma non ha questa capacità, cioè la ragione, per distinguere chiaramente ciò che è un inganno, chi lo sta ingannando e per questo i toreri morti sono molto pochi, è un tasso trascurabile se comparato col numero di che tori vengono uccisi nelle corride ogni giorno.
L’animale vive molto bene fino a raggiungere l’Arena: avremmo dovuto confrontarci con altri animali usati nell’industria alimentare e riconosco che c’è molta più tortura e crudeltà nel crescere animali da macello che nell’allevamento toro allo stato brado. Senza dubbio, allevare un’animale con l’intento finale di farlo soffrire, di torturarlo e ucciderlo, in modo che la gente paghi per andare a vedere questo e si diverta e che sia motivo di entusiasmo e di gioia, mi sembra che sia una pratica più odiosa, inumana e selvaggia può esserci in una società. Non ci potrà mai essere un argomento a loro discolpa che il toro è molto ben curato per poi torturarlo, questo sarebbe qualcosa di simile a quello che ho detto prima, gli Aztechi e Maya che sceglievano le ragazze più belle per poi sacrificarla. No, questo non potrà mai essere un argomento valido.
Chi sono veramente coloro che traggono profitto dalle corride e gli interessati a far continuare questa consuetudine selvaggia?
Dunque, in primo luogo direi che sono le grandi figure che guadagnano moltissimi soldi, poi vengono gli imprenditori, gli agenti e alcuni giornalisti, che sono fondamentalmente coloro che in modo prioritario lucrano dalle corride. Ci sono persone che sopravvivono in questo modo come i banderilleros, i toreri con i pungoli, i giovani spadaccini che sono lavoratori dipendenti; le corride danno da vivere e permettono loro di educare i figli, ma direi che i principali beneficiari sono in primo luogo le grandi figure e in secondo luogo gli uomini d’affari e gli agenti. Gli allevatori non credo, l’allevamento dei tori non è redditizio, penso che gli allevatori sono molto potenti, di grande capacità economica, che hanno importanti mezzi economici e vivono le corride come una passione.
Qual è la sua impressione riguardo la situazione attuale della tauromachia, sul numero di appassionati e alla sua “salute”, così come all’importanza dei movimenti in favore della sua abolizione e quale crede sarà il futuro rispetto a questo?
La società si sviluppa, l’essere umano si evolve e ogni giorno sempre di più la gente diventa consapevole del fatto che dobbiamo lasciarci alle spalle gli spettacoli crudeli per gli animali. Il primo che perde sostenendo questo tipo di spettacoli è lo stesso uomo perché si sta degradato, nell’atto di presenziare alla sofferenza di un animale e divertendosi così. Sono certo che i giovani d’oggi non sono interessati affatto alla corrida, non vogliono sapere nulla di crudeltà verso gli esseri viventi che sono innocenti, perché il toro, francamente, non ha amore per le corride, la toro non gode con gli “oles”, con i Pasodobles, non sa cosa siano, arriva in un posto estraneo per lui ed è selvaggiamente torturato e ucciso senza capire il perché. Quindi la corrente abolizionista ha già avuto inizio, non credo che si possa invertire la rotta, la cosa importante è che acceleriamo il processo e il prima possibile possano terminare alle corride, ai combattimenti di galli, degli animali da cortile, i circhi di animale, ecc., tutti spettacoli atroci e violenti con gli animali, e così, credo, che ogni giorno meno gente andrà nell’arena, perché sempre più persone diventano consapevoli. Vedo vicina la fine della corrida, è difficile, ma non ha un futuro, non hanno modo di espandersi in altri paesi, in altre culture; gli altri paesi non taurini non ammetteranno mai che si facciano largo nella propria cultura spettacoli crudeli con gli animali, dunque sono ottimista in questo senso ed è nelle mani dei giovani che questo processo si può accelerare.
Se secondo le statistiche ogni giorno diminuisce il numero di persone che prendono parte alle corride o gli appassionati alle stesse, perché dallo Stato continuano ad esserci sovvenzioni e si da una copertura legale ad un’attività che viene rifiutata da una parte tanto importante di cittadini?
Credo che sia a causa del “matrimonio” che mantiene la classe politica e le alte sfere della Società legati ai toreri e ai taurini. L’andare nell’arena, è uno status sociale, significa esibirsi, è sempre stato qualificato come uno spettacolo molto elitario e in questo senso il politico vuole farsi vedere insieme con l’alta società e per questo è difficile che loro stessi ne prendano coscienza, ma il sentimento popolare è così grande i giovani hanno la coscienza così pulita che prima o dopo i legislatori dovranno unirsi di fronte alle loro richieste perché altrimenti diventeranno obsoleti.
Cosa fanno il governo colombiano e quello spagnolo per porre fine alla tauromachia? Sono ricettivi da questo punto di vista rispetto alla domanda popolare?
Ci sono stati tentativi legislativi per porre fine alla corrida, ma il potere economico e politico dei taurini è grande e sono riusciti ad ottenere quelle maggioranze rivendicando il diritto al lavoro e alla tradizione. Ma più che i governi coloro che hanno manifestato contro la tauromachia è proprio la Società e soprattutto i giovani. In qualsiasi articolo a proposito della corrida che abbia dei commenti in un giornale, il 95% di loro sono contro la corrida, è un sentimento così travolgente che penso i politici e i governi dovranno accettare il fatto di essere contro la sentimento popolare, della stragrande maggioranza delle persone e dovranno legiferare in tal senso. Credo che la pressione che possiamo fare muovendo le masse in questo senso è importantissima affinché i governi e legislatori prendano coscienza come ha già fatto la grande maggioranza del popolo.
La Spagna è sottomessa a pressioni da parte del Parlamento Europeo per far cessare le corride che però sembrano insufficienti, l’intervento internazionale potrà essere decisivo per per sopprimere questo spettacolo vergognoso?
Beh, è già un passo avanti che il dibattito venga portata al Parlamento o, qui in Colombia, al Congresso della Repubblica. Negli anni ’80 i toreri erano eroi, venivano concepiti come tali, nessuno si interrogava sulla sofferenza dell’animale; con il boom degli anni 90 e ora nel nuovo secolo, la gente sta vedendo la crudeltà che esiste nelle corride; ora si tratta di portare questa cruda realtà di ciò che accade al toro nell’arena a tutti gli Eurodeputati, a tutti i consiglieri, a tutti i membri delle Comunità Autonome, al Congresso stesso in Spagna, e qui al Congresso della Repubblica, in modo che comprendano ciò e comincino a unire le loro forze e legiferare da queste Unioni per vietare questa barbara tradizione.
A Madrid durante la Feria de San Isidro, hanno avuto luogo diverse manifestazioni nella Plaza de las Ventas da parte di gruppi contro il maltrattamento, quale crede che sia la ripercussione di queste manifestazioni e pensa che di volta in volta sia maggiore la implicazione della gente e la diffusione del movimento abolizionista attraverso i mezzi di comunicazione?
Sono a favore delle manifestazioni e delle dichiarazioni pubbliche purché siano pacifiche, che non aggrediscano ne insultino, perché non si può combattere contro una forma di ferocia con un’altra forma di barbaria, quindi quando sono pacifiche sono completamente d’accordo. Ma credo che il dibattito importante sta nell’Accademia, nelle scuole, educando i bambini, attraverso i mezzi di comunicazione, con campagne pubblicitarie e che è il grande successo che possiamo ottenere, tramite Internet, nei forum, nei gruppi, comunità virtuali. E lì dove ogni volta di più andiamo sensibilizzando sempre più persone, mostrando i video della realtà di ciò che accade al toro nell’arena, non quello che mostrano i notiziari, cioè quattro o cinque un lanci dell’arma scagliata dalla balestra, altrettanti di muletta o il torero che gira nell’arena, no, dovete mostrare, bisogna insegnare come reagisce il toro quando lo infilza con le banderillas, come reagisce quando gli conficcano i pugnali, come vomitare sangue con una spada conficcata nei suoi polmoni, questo è ciò che bisogna mostrare ai giovani affinché capiscano cosa succede veramente lì, come ai tori ancora vivi taglino le orecchie, quindi quando si mostrano questi video nelle scuole o nei convegni automaticamente ogni bambino diventata contro le corride e non potrà mai partecipare a una arena. Direi che il dibattito è lì ed è da lì che vinceremo la battaglia.
Esistono molti Gruppi e Associazioni che lavorano con l’obiettivo di porre fine alla tauromachia, senza dubbio agiscono indipendentemente gli uni dagli altri, c’è poca collaborazione tra loro né uniscono i loro sforzi, questa disgregazione non rappresenta qualcosa di negativo per raggiungere l’obbiettivo che perseguono?
Dipende tutto da come si comportano. Se c’è gelosia e spirito di contesa tra di loro, se non si mettono d’accordo sulla forma quindi direi che stiamo agendo contro la nostra stessa causa. L’ideale sarebbe un’unione generale, una piattaforma che riunisca tutti i movimenti in difesa degli animali, come abbiamo fatto qui a Medellin, attraverso F.AU.N.A, che riunisce tutto il movimento per i diritti animali. Sarebbe ottimo se ci fosse una piattaforma internazionale che li unisse in modo che tutti utilizzassimo le migliori strategie, quelle che funzionino meglio e in questo senso potremmo ottenere migliori risultati. Senza dubbio non è male che agiscano per conto proprio sempre a condizione che siano nella giusta direzione.
Quale crede sia il metodo più efficace per porre fine alle corride di tori?
Vi è un grande errore nei metodi che spesso i movimenti antitaurini utilizzano per cercare di imporre la loro idea. Non mi sembra giusto che la gente vada fuori delle arene per insultare o aggredire, a dire ai toreri che sono barbari o assassini, io credo che il confronto a base di insulti faccia crollare argomenti che da soli sono dalla nostra parte, qualsiasi persona di buon senso lo capisce. Il dibattito deve essere basato sul punto di vista dall’Accademia, da idee, da parte dei media, con campagne educative nelle scuole pubbliche, uscire dal quadrato delle arene per insultare e attaccare mi sembra che, in qualche modo, ci collochi sullo stesso loro piano e io non sono favorevole a questo tipo di espressioni. Sì alle manifestazioni pacifiche, passeggiate, con le manifesti, ma non nelle arene, ma nei parchi, al di fuori delle scuole, attraverso i media, al di fuori delle chiese, affinché la Chiesa cattolica riconsideri il modo in cui sponsorizza tali barbarie sotto il manto delle sue icone di santità, quindi penso che il dibattito debba essere orientato verso questi scenari che sono molto più produttivi. Per me il modo migliore è mostrare attraverso video ciò che accade al toro nell’arena e fare conoscere questa realtà attraverso conferenze alle scuole, alle comunità, ai gruppi sociali, ai giovani, con proiezioni di questi video in luoghi pubblici, prima dei film nelle sale, in cui le persone possano vedere questa realtà che viene censurata nei notiziari, che non mostrano nel dettaglio una lancia da torero, come il toro muore annegato nel suo sangue, questo per quanto possa essere crudele deve essere fatto. Purtroppo, se questa realtà non viene mostrata la gente non può rendersene conto. Direi un mix di questa realtà con programmi educativi a tutti i livelli, è il segreto per far scomparire tutti gli spettacoli crudeli con gli animali.
Come vede il futuro dell’abolizione delle corride dei tori a breve e media scadenza?
Penso che le corride possono finire in due modi. Perché la gente non vada nelle arene, che non ci sia questo ricambio che sono convinto non ci sarà la passione attuale, la maggior parte dei giovani non vogliono sentirne parlare e credo che sia qualcosa di importante per l’abolizione della corrida. E sarebbe molto buono anche spingere affinché si faccia il prima possibile una legislazione in questo senso convincendo i politici che la stragrande maggioranza delle persone rifiuta questa tradizione e che loro non possono andare contro il sentimento popolare. La seconda via è che anche i mezzi di comunicazione si occupino di questo argomento, aiutando e mostrando questa realtà, sono sicuro che questa è la chiave: mostrare la realtà di ciò che accade al toro nell’arena, cosa che non viene mostrata né nei notiziari né nei programmi delle corride.
Cosa direbbe a tutta questa gente che nonostante non ami la tauromachia ed è contro la sofferenza degli animali, non fa assolutamente nulla per contribuire alla fine di questa realtà?
Questo lavoro riguarda persone sensibili al maltrattamento degli animali. Dobbiamo far si che le persone prendano coscienza del fatto che nonostante non amino la tauromachia le persone o non abbiano mai frequentato le corride, nella loro città, dove ci sono i tori, questo è quello che sta succedendo, che dietro le loro spalle si stanno torturando e massacrando animali affiche la gente si diverta e si sta trattando il toro come un interesse economico o qualcosa che dà lavoro a molte persone. E ‘importante che la gente venga sensibilizzata al dolore degli altri e, anche se non partecipano allo spettacolo, capiscano che devono contribuire alla sua abolizione, perché non posso avere il comportamento di uno struzzo quando c’è tanta crudeltà vicino a noi e che questo lavoro compete ai movimenti anti-corrida e a coloro che si occupano della difesa degli animali per sensibilizzare il resto della società circa la nostra causa.
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Da parecchio tempo circola la storia di Alvaro Múnera. Sicuramente è una figura molto controversa. Ho letto giudizi pesanti contro di lui, come se ne leggono sui “pentiti” di ogni genere. Comunque la sua è una storia interessante, se non altro perché fa parlare, soprattutto i suoi “ex colleghi”, di questo divertimento sanguinario.
Quando si parla di tauromachia, ripenso per analogia all’esempio di William Lecky che già nel 1869, nel tracciare i percorsi del progresso etico nella storia umana, descrive la comunità morale come una sorta di circolo in espansione che abbraccia dapprima la tribù, poi la nazione, poi l’umanità e infine l’intero mondo animale. Egli osserva che alcuni cambiamenti importanti sono già avvenuti nel passato, per esempio l’abolizione dei giochi gladiatorii, che costituiscono una caratteristica della società romana antica che, alla luce della modernità, appare inconcepibile nella sua atrocità: come potevano donne e uomini, in un avanzato periodo di civiltà in cui leggi e codici morali erano stati già ben delineati, fare della carneficina di umani, quasi sempre in stato di schiavitù, il loro abituale divertimento? Che ciò sia inoltre continuato per secoli, quasi senza proteste, è uno dei fatti più impressionanti della storia morale della civiltà occidentale.
Questa notizia è un falso. Controllare le fonti prima di pubblicare un articolo sarebbe opportuno.
https://thelastarena.wordpress.com/2015/02/25/alvaro-munera-this-photo-is-not-what-it-seems/
La fotografia dell’articolo originale non rappresenta l’ex torero di cui si parla.
La storia di Álvaro Múnera è vera, documentata e controllata: https://es.wikipedia.org/wiki/Álvaro_Múnera.
Pertanto semmai la fotografia non è adeguata all’articolo che riporta invece una notizia del tutto fondata.