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Di seguito la lettera dell’avvocato Carlo Prisco che ha rappresentato Associazione D’Idee Onlus davanti al giurì di IAP per la vicenda della censura alla pubblicità “CHI mangi oggi?”.
Le considerazioni di Prisco sono importanti e prefigurano una novità nel confronto/scontro culturale tra l’etica antispecista e istituzioni speciste: anche se non ha voluto entrare formalmente nel merito del messaggio antispecista, il Giurì di IAP ha riconosciuto la valenza del messaggio etico veicolato dalla pubblicità. Vale quindi la pena di leggere la parte finale della pronuncia integrale del Giurì 32/2013 che di sicuro costituisce una novità assoluta nel campo della comunicazione e della pubblcità in Italia.
Con la motivazione della decisione del 31 maggio in relazione alla campagna di affissioni “chi mangi oggi” il Giurì dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria conferma di non essersi addentrato nel merito della vicenda, avendo considerato assorbenti le questioni di rito che erano state contestate a seguito dell’opposizione promossa da Associazione di Idee Onlus. Nonostante quanto sopra il Giurì, presieduto dal Prof. Avv. Antonio Gambaro, ha dimostrato di aver recepito il valore etico e sociale del messaggio diffuso da Campagne per gli Animali e Associazione di Idee, sottolineando che: “il tema affrontato […] ha un forte rilievo nel cambiamento in atto della sensibilità culturale con cui si tende a porre il rapporto uomo-animale”. Il Giurì prende atto di quella trasformazione etica del rapporto tra animali umani e non umani di cui la campagna “chi mangi oggi” rappresenta soltanto una delle innumerevoli manifestazioni, a fronte di una “umanità” sempre più consapevole del proprio ruolo e delle proprie responsabilità nel mondo: “Si tratta di un insieme che spinge verso l’attribuzione di una “soggettività” all’animale – il suo essere “qualcuno” e non “qualcosa” – e che trova motivazioni, in qualche caso chiare conferme, in ambito scientifico: dall’etologia alle neuroscienze”.
Il passaggio appena menzionato non è stato stralciato dall’accorato appello di un “animalista”, né dagli organi di informazione di un’associazione di parte, bensì da un ente che nulla ha a che vedere con questi movimenti e che, tuttavia, conferma ciò su cui animalisti, antispecisti e biocentristi da tempo immemore ammoniscono la società umana: gli animali non umani non sono oggetti e, come già Darwin aveva osservato, siamo tutti creature senzienti le cui differenze sono di natura quantitativa, non qualitativa.
Un altro passaggio fondamentale della motivazione attesta le trasformazioni in corso: “Si tratta di un radicale cambiamento culturale che comporta resistenze e mutamenti a volte profondi nei comportamenti e nei costumi, compresi quelli della scelta del cibo, non sempre privi di traumatici effetti durante il lento processo di accettazione sociale”.
Leggere queste parole illumina di speranza chiunque si impegni quotidianamente nella promozione di quel cambiamento che, con la consapevolezza etica, ambientale e storica cui esso è improntato, pare inevitabile: questo nostro viaggio di riconciliazione con noi stessi e con quelli che ci circondano è forse all’inizio e sarà ancora lungo, ma alla fine ci condurrà al porto sicuro.
Infine è illuminante la replica del Giurì a tutti coloro che, nel riconoscimento della soggettività agli animali non umani, ravvisano una lesione della dignità dell’essere umano: “L’attribuzione all’animale della qualità di “soggetto” non comporta alcuna svalutazione per l’uomo e quindi non può costituire offesa per la dignità della persona […] Riconoscere all’animale lo status di “soggetto”, proprio perché assunto dall’uomo come presupposto per una relazione etica, modifica la qualità della relazione ma non le caratteristiche delle “specie”, ciascuna delle quali non altera né modifica ma mantiene la propria, specifica natura”.
In quest’ultimo periodo emerge il fondamento stesso di tutte le rivendicazioni sottese alla campagna “chi mangi oggi”: ciascuno, nella propria specificità, unicità e diversità, deve godere del medesimo rispetto, poiché non occorre riconoscere qualcuno come “simile” per riconoscergli quanto è dovuto e quella dignità che siamo sempre pronti a rivendicare per noi stessi, ma spesso poco inclini a valorizzare negli altri.
Questa pronuncia ha uno straordinario valore morale e, proprio in ragione della sua provenienza, dimostra che la diffusione dei nostri pensieri e idee può realmente fare la differenza e sta determinando un cambiamento effettivo nella mentalità e nei comportamenti, il cui coronamento sarà rappresentato, come caldeggiato dal filosofo americano Gary Francione, dallo svincolo definitivo dei non umani dal concetto di “oggetti” e di “proprietà” e il definitivo riconoscimento del loro status giuridico di soggetti, non (più) passibili di sfruttamento.
Carlo Prisco
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