Il canto della foresta


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L’attacco finale alle foreste europee è in atto.

La distruzione delle foreste europee iniziata migliaia di anni fa, non solo non accenna a fermarsi, ma addirittura accelera. Entro pochi anni i nostri polmoni verdi saranno ridotti del 50%. La preoccupante situazione delle foreste è stata denunciata dalla ricerca pubblicata sul magazine Scientific Reports, in cui si evidenzia un’analisi effettuata su antichi pollini raccolti in più di mille siti che dimostra come le foreste europee si siano ridotte drasticamente negli ultimi 6000 anni1.
I ricercatori coinvolti appartengono a un gruppo selezionato di scienziati operanti all’Università britannica di Plymouth. Il loro coordinatore, Neil Robert ha recentemente pubblicato un articolo teso a dimostrare come il disboscamento sia iniziato con la comparsa dell’Umano e sia andato sempre progressivamente aumentando. Suo un esempio molto indicativo: “8.000 anni fa uno scoiattolo poteva percorrere la distanza tra Lisbona e Mosca saltellando da un albero all’altro senza mai dover toccare il terreno2.

E oggi? In effetti, nel Neolitico le foreste erano così sviluppate da ricoprire due terzi dell’Europa centrale e settentrionale. L’Umano nel frattempo ha continuato a espandersi e a distruggere. Anche considerando solo gli ultimi cento anni, i risultati pubblicati mostrano come vi sono territori in cui le foreste sono scomparse, o nel migliore dei casi si sono ridotte di un terzo. In alcune zone del Regno Unito vi è stato un disboscamento ancora più consistente: è rimasto verde solo il 10% del territorio. D’altra parte l’intero pianeta è sotto attacco. Basti pensare che nel 2017 sono andati in fumo 294.000 km quadrati di foreste a livello globale (un territorio grande quanto l’Italia). Le aree più fragili sono ovviamente quelle tropicali, dalla Foresta Amazzonica al bacino del fiume Congo.

In due foreste d’Europa però c’è chi sta lottando contro questo scempio. Attiviste e attivisti provenienti da molti Paesi si sono riuniti per impedire il disboscamento delle ultime zone europee “incontaminate” rimaste. Le foreste sono quella di Hambach in Germania e di Bialowieza in Polonia. Le motivazioni degli attivisti in lotta sono le stesse sia in Polonia sia in Germania, così come le strategie di boicottaggio. Anche se per ora è più che altro Hambach a essere finita sotto i riflettori soprattutto perché è diventata il simbolo della guerra contro l’estrazione del carbone: un combustibile che ingenuamente pensavamo fosse superato ed abbandonato, che invece sta rientrando dalla finestra a causa degli insufficienti investimenti fino ad ora fatti nelle cosiddette energie rinnovabili.

Hambach è divenuta in breve un diamante scintillante nella lotta contro il capitalismo più nero che sta intossicando, proprio come una nuvola di carbone, l’intero Occidente. Tutto è iniziato quando la RWE (Rheinisch-Westfälisches Elektrizitätswerk) – la più grande società tedesca del settore energetico – ha dichiarato di voler radere al suolo quanto rimane di questa foresta, una delle più antiche e ricche di biodiversità d’Europa, per estrarre lignite, il tipo di carbone più inquinante che esista. 100 ettari di bosco cancellati per espandere la vicina miniera di carbone a cielo aperto.

Da quel momento centinaia di attivisti hanno deciso di opporsi a tale distruzione e hanno costruito numerose case sugli alberi, abitando la foresta e dando vita a un vero e proprio villaggio di resistenza.

Ma chi sono questi attivisti che dal 2012 portano avanti una lotta senza cedere di un passo?

Principalmente ecologisti, con una componente antispecista, che comunque, va detto, non è prioritaria. A Hambach si resiste grazie al supporto di numerose donazioni e chiunque si unisce alla lotta, una volta arrivato, riceve gratuitamente tutto il necessario: dai vestiti alle coperte, dai sacchi a pelo, al cibo principalmente vegan, anche se non manca un’alternativa vegetariana. Naturalmente qui nessuno dimentica che la lotta al capitalismo non può che passare anche attraverso lotte come quella al patriarcato, al razzismo e alla prevaricazione nei confronti degli Animali non umani e per questo Hambach è in breve divenuta un riferimento anche per gli attivisti antispecisti.

A settembre, quando, durante uno sgombero da parte della polizia, è morto accidentalmente (ha ceduto un ponte sospeso tra gli alberi) il giovane attivista e fotoreporter Steffen Meyns, lo sgombero è stato sospeso e poco dopo è stata annunciata la sospensione dei lavori per circa un anno.

È una vittoria? Senza dubbio no. Prima di tutto perché alla base c’è la tragica morte di un attivista e poi perché i lavori – lo sappiamo – riprenderanno. La resistenza è comunque riuscita a mandare un messaggio forte e chiaro: non ci arrenderemo.

Nel frattempo a Bialowieza in Polonia, gli “angeli del bosco” proseguono la lotta nel loro villaggio costruito in mezzo ad alberi ciclopici che s’innalzano fino a quaranta metri. Qui, nonostante una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che vieta il disboscamento avviato dallo stato polacco, le autorità di Varsavia non accennano a fermarsi.

Soltanto nel 2017 sono stati tagliati 190 mila metri cubi di legna per farne bancali. Ma come ha potuto ottenere il “via libera” il governo polacco? Semplice: con un escamotage tristemente noto anche in Italia. In Puglia per la precisione. Dichiarando cioè che un piccolo parassita dell’abete rosso minaccia di attaccare le residue foreste dell’Europa. Ovviamente nulla di dimostrato e di logico.

Ma tant’è. Bastano un paio di studi pilotati e un po’ di terrorismo psicologico per convincere i più che abbattere alberi è cosa buona e giusta. Eppure qui anche gli alberi hanno un nome. “Ci sono l’Imperatore del Sud e l’Imperatore del Nord, la Quercia di Jagello e la Grande Mamamuszi” racconta Pietro Del Re un giornalista italiano inviato per fare un reportage.

A Bialowieza stanno unendosi alla lotta anche alcuni attivisti di Hambach che evidentemente intendono espandere la lotta di resistenza a protezione delle foreste europee. Insegnanti, attori, impiegati e commercianti, gli attivisti polacchi appartengono a ogni ceto sociale e sono pronti a tutto per intralciare il lavoro delle guardie forestali. Qui l’antispecismo, a quanto pare, è meno sentito, ma con l’arrivo dei reduci di Hambach potrebbe essere questione di poco.

Nel frattempo la lotta continua.

E il canto della foresta si sente ancora.

Francesco Cortonesi

Link utili:
https://www.plymouth.ac.uk/news/europes-lost-forests-study-shows-coverage-has-halved-over-six-millennia
https://hambachforest.org
http://save-bialowieza.net

Note:
1) https://www.nature.com/articles/s41598-017-18646-7
2) https://it.blastingnews.com/ambiente/2018/01/foreste-europee-dimezzate-a-causa-del-disboscamento-002270451.html


Galleria fotografie di hambachforest.org


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Un commento
  1. Roberto ha scritto:

    Grazie per questo articolo, non solo animali ma anche animali… nella distruzione di un foresta, un crimine di per sé, o di un qualsiasi ambiente naturale vengono uccisi esseri viventi, spariscono le loro tane, eliminato il loro sostentamento.
    Queste mobilitazioni, con notevoli quantità di persone che si mettono in gioco, non sono nuove nel nord Europa, quasi inesistenti qui da noi, tanto meno con presenze antispeciste.

    25 Dicembre, 2018
    Rispondi

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