… e superare l’animalismo


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Più volte ci è capitato di affrontare il discorso relativo all’identità  dell’animalismo in Italia, e più volte siamo stati costretti a constatare che l’animalismo nel nostro paese nonostante i molti anni di lavoro, di attività  e iniziative, non è riuscito ad elevarsi in alcun modo a movimento. I motivi sono numerosi ed in alcuni casi complessi, la ragione di fondo, però, è in estrema sintesi soltanto una: la mancanza assoluta di principi fondanti condivisi. Sebbene infatti l’animalismo come fenomeno sociale sia presente in Italia sin dalla fine degli anni ’70, nonostante le numerose sigle, gruppi, associazioni, collettivi nati, estinti o tutt’ora presenti nel tentativo di perseguire in vario modo la difesa degli interessi degli Animali (ci limitiamo a dare questa descrizione molto sommaria e generica degli scopi a causa dell’eterogeneità  della “galassia” animalista in oggetto), l’estrema diversità  di posizioni, ovvero la diversità  degli scopi finali, delle metodologie, delle strategie, non ha permesso sino ad oggi la trasformazione di un fenomeno sociale in un soggetto sociale coeso e forte. Per contro, la storia dell’animalismo italiano è costellata di screzi, lotte intestine, diatribe e veti incrociati che ne hanno in gran parte neutralizzato la diffusione sul territorio e l’efficacia dell’azione.

Questa triste realtà  è, a nostro avviso, il risultato di una incredibile, quanto ingiustificabile, mancanza di valori condivisi causa di disallineamenti strategici, e di rapporti conflittuali del tutto assurdi. Gli esempi sono tanto eclatanti quanto numerosi, chi si interessi anche minimamente all’argomento potrà  da sé constatare la veridicità  di tali affermazioni. Chiunque oggi potrebbe, a ragione, definirsi animalista, e contemporaneamente nessuno riuscirebbe a dare una definizione puntuale e condivisa del termine “animalismo”. Per molti l’animalismo è un fenomeno legato all’amore per gli Animali, altri lo vedono come un occasione per proteggerli o per difenderne i diritti; altri ancora concepiscono l’animalismo come una lotta per la liberazione animale, o per l’antispecismo. La distanza tra zoofili, protezionisti, conservazionisti, animalisti radicali, liberazionisti, antispecisti e tutte le correnti di pensiero accomunabili all’animalismo è siderale, non si può pertanto in alcun modo pretendere che da un simile guazzabuglio nasca una strategia comune, né tantomeno uno scopo unitario.

Tale preambolo ci è indispensabile per poter avanzare una modesta proposta che a nostro avviso potrebbe realmente contribuire alla soluzione di tali problemi: superare l’animalismo. Il superamento che proponiamo non prevede dolorose scissioni, al contrario vuole significare un momento di maturazione e di evoluzione del pensiero dell’animalismo cosiddetto radicale, che permetta l’avvio di un percorso filosofico, etico e pratico che porti alla formulazione di principi fondanti condivisi, senza dei quali è di fatto impossibile costruire un’identità  sociale e politica ed un movimento popolare. Per poter realmente decolonizzare l’immaginario, come giustamente asserisce Serge Latouche, per poter concretamente destrutturare e ricostruire la società  umana secondo canoni antispecisti e solidali, per poter raccogliere sotto un’unica visione gli sforzi quotidiani di chi con i propri mezzi tenta di reinventare un nuovo rapporto egualitario sia con gli Umani che con gli Animali, per poter fare tutto ciò, è necessario lasciarsi alle spalle vecchi paradigmi legati a concetti sociali veicolati dal pensiero unico occidentale, che tutto lega e controlla, anche in ambito animalista. La visione classica dell’animalismo riformista (meglio sarebbe chiamarlo protezionismo), non permette alcun balzo in avanti, ma solo piccoli passi, ancorata com’è all’accettazione della società  moderna umana e alla speranza che modesti cambiamenti possano divenire la panacea per tutti i mali degli Animali.
Tale concetto purtroppo, fornisce comodi appigli morali per la coscienza di chi non vuole cambiare troppo le proprie abitudini, e lascia molte porte aperte a visioni che nulla hanno a che fare con concetti di uguaglianza, solidarietà  e giustizia, ma, all’opposto, permettono a pericolose derive ideologiche razziste e discriminatorie di permeare al suo interno. Superare l’animalismo, diviene quindi, un atto quanto mai necessario per poter continuare sulla strada della liberazione Animale dalla megamacchina (il dominio della realtà  attuato tramite la riduzione a semplice ingranaggio dell’individuo è talmente potente sia dal punto di vista psicologico, sia pratico, che è necessario un grande sforzo di immaginazione e di progettazione per potersene sottrarre) che quotidianamente macina letteralmente Animali per autoalimentarsi. L’idea è tanto semplice quanto impegnativa: cominciare finalmente a considerare il veganismo NON come fine, ma come mezzo, come pratica etica di lotta quotidiana utile per la crescita della consapevolezza personale e della critica sociale al sistema, il tutto teso al raggiungimento di un primo risultato intermedio: il riconoscimento di diritti fondamentali inalienabili per gli Animali, unica via per un futuro antispecista e per la conseguente liberazione animale. E’ indispensabile che tutti coloro che si occupano di tali tematiche aderiscano in prima persona, con il proprio esempio quotidiano, a questo immenso progetto, solo in tal modo il singolo, potrà  contribuire fattivamente alla costruzione di una rete sempre più fitta e vasta e impattare sulla collettività  spingendola al grande cambiamento.

Nulla potrà  calare dall’alto, ma sarà  il costante e caparbio lavorio dal basso che porterà  alla liberazione. Divenire pertanto vegani etici per l’antispecismo, reinterpretare la pratica vegana da privata e personale, a radicale, attiva e con valenza educativa e di pubblica denuncia; solo una coerenza personale guidata da profonde convinzioni morali, potrà  permettere ai nuovi vegani radicali di potersi confrontare con la società  umana specista e rivendicare il proprio status, facendo della pratica vegana una bandiera, ma non un dogma, di una nuova concezione solidale ed egualitaria del mondo. Dove ha fallito, mostrando tutti i suoi limiti, la spinta animalista, potrebbe ora riprendere il testimone un veganismo radicale rinverdendo ed ampliando il vecchio concetto della rivoluzione che comincia dal piatto, troppo legato alla visione ristretta del veganismo come semplice dieta in cui vige il rifiuto del cibo di origine animale, per espanderlo in ogni ambito pubblico e privato, attraverso un veganismo più consapevole, socialmente impegnato, espanso a filosofia dell’astensione da tutte quelle attività  e pratiche che possano provocare danno, sfruttamento o morte degli Animali (pertanto anche umani). Una filosofia dai risvolti personali e sociali di enorme portata, a cui ciascun vegano radicale dovrebbe aderire apportando il proprio contributo alla causa.

Un veganismo radicale e socialmente attivo sarebbe inoltre un ottimo inizio per poter finalmente gettare le basi teoriche di un possibile movimento antispecista; eviterebbe inoltre errate interpretazioni dell’antispecismo mettendolo al riparo dalle pericolose strumentalizzazioni di cui è stato ed è vittima l’animalismo. Forte è la tentazione di compiere il balzo dall’animalismo all’antispecismo, ma quest’ultimo – come già  evidenziato – non possiede ancora radici teoriche e pratiche solide per poter attecchire con successo nella società  umana, in suo soccorso giunge il veganismo come pratica pacifica di lotta, con il suo bagaglio di conoscenza, di quotidianità  e coerenza messo finalmente a disposizione dell’attività  radicale per ora intrappolata nel vaso di Pandora animalista. La pratica vegana, dunque, potrebbe ancora una volta non solo salvare molte vite animali, ma anche molti progetti per una possibile futura società  umana aspecista. Servirà  molto coraggio, in primis da parte dei molti vegani che fino ad oggi hanno sempre creduto di essere finalmente arrivati alla loro meta, riscopriranno che il veganismo è solo un nuovo punto di partenza, c’è molto da fare ma siamo convinti che ne varrà  la pena. Perché non tentare?

Adriano Fragano


Note:

(*) Biosfera: “In ecologia si definisce biosfera (o ecosfera) l’insieme delle zone del pianeta Terra in cui le condizioni ambientali permettono lo sviluppo della vita…”
http://it.wikipedia.org/wiki/Biosfera
(**) Troposfera: “… La troposfera è il luogo della vita: tutte le piante e tutti gli esseri umani vivono in essa, utilizzando alcuni dei gas che la costituiscono.”
http://it.wikipedia.org/wiki/Troposfera


In apertura: fotografia di Roberto Manzotti © 2007. @robertomanzotti


Articolo pubblicato originariamente nella rivista Veganzetta versione cartacea: Anno I / 2 del 30 settembre 2007, p. 2


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3 Commenti
  1. fightback ha scritto:

    Concordo pienamente con quello che dici, metterei anche la scelta straight edge come una valida proposta per una società  nuova. Non possiamo parlare di liberazione animale e poi essere schiavi noi stessi di alcool, droghe e sesso. Penso sia un discorso complesso ma credo sia una buona possibilità  per poter resistere in questa società.
    Ciao

    7 Novembre, 2007
    Rispondi
  2. Veganzetta ha scritto:

    Ciao Fightback,

    Non conosco bene la questione straight-edge per dire se sia una scelta valida o meno, di sicuro però nella mia visione personale delle cose un assoluto rilievo è dato alla sobrietà  intesa anche come autocontrollo, per molti motivi. Credo quindi che ci siano dei punti in comune, è un argomento da approfondire.

    8 Novembre, 2007
    Rispondi
  3. sberla54 ha scritto:

    Salve.
    In alcuni casi e per alcune persone la filosofia straight edge puo’ andare di pari passo con la filosofia e le scelte di vita veg*ane ed animaliste, ma non mi sembra il caso di accomunarle per forza.

    Sia chiaro, massimo rispetto a chi decide di abbracciare lo straight edge, astenersi da qualunque sostanza psicoattiva, caffe’, alcool, cannabinoidi e droghe pesanti. E’ una scelta difficile e rispetto la disciplina e la dedizione che necessita.

    Ma porlo, come spesso gli sXe fanno, come fondamento di una nuova societa’ mi sembra esagerato.

    Se aiuta l’individuo a stare meglio con se stesso, ad arrivare piu’ facilmente alle proprie aspirazioni ed alla felicita’, ben venga. Per chi vuole.

    Sicuramente lo straight edge dovrebbe essere piu’ conosciuto, per poter raggiungere piu’ facilmente coloro i quali possono rispecchiarcisi, mentre ora e’ una filosofia relegata alla nostra sottocultura punk ed hardcore.

    Pero’ non credo che veganesimo e straight edge siano cosi’ ideologicamente legati, anche se capita che vadano a braccetto.

    Gli ideali ed i ragionamenti alla base delle 2 correnti di pensiero sono molto diverse.

    Il veganesimo si batte per il rispetto degli animali e dell’ambiente, ed in parte per la salute dell’individuo.

    Lo straight edge si basa sulla salute dell’individuo, la crescita spirituale e mentale dell’individuo ed il gia’ citato ideale di nuova societa’.

    Sono abbastanza diverse, e le scelte di un individuo straight edge non vanno certo a beneficio della “missione” di un individuo vegetariano (e viceversa). Percorrono due strade diverse.

    Io sono vegan ma non straight edge, anche se gran parte degli amici vegan che ho sono entrambe le cose.
    A me, semplicemente, non sembrano correlate.
    Credo inoltre che il motore del mondo, sia nelle buone che nelle cattive azioni, sia proprio il vizio, piuttosto che la virtu’. Perche’ si lavora, si studia, si cerca di avere successo nella vita? Ditemi che non e’, almeno in buona parte, per avere modo di soddisfare i propri vizi, i propri desideri.
    Sono il motore del mondo dalla notte dei tempi. Dovremmo piuttosto sdoganarli dai tabu, dal privato e da quel che non si puo’ ne’ dire ne’ fare.
    Inoltre, si dimentica sempre la fondamentale differenza fra uso ed abuso, fra vizio e schiavitu’.

    Questo, cmq, solo per avvalorare la tesi di Veganzetta che non ci vuole tutti uniti in un movimento coeso perche’ siamo terribilmente eterogenei, incredibilmente differenti come tipologie di persone :)

    Il tutto, ripeto, tanto per parlare e nel massimo rispetto verso chi sceglie la strada dello straight edge, perche’ ritengo che sia sicuramente mosso da volonta’ di migliorare se stesso e la societa’, piuttosto che da semplice e bigotto proibizionismo. :)

    Cmq, per chi non avesse idea di cosa stiamo parlando io e FightBack:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Straight_edge
    http://en.wikipedia.org/wiki/Straight_edge

    3 Dicembre, 2007
    Rispondi

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