E’ ora di abbandonare l’ipocrisia del vegetarismo


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Vecchi scritti sempre utili.
Quello che segue è un estratto della seconda edizione del libro “VEGAN FREAK”, pubblicato nel settembre 2009, edito da PM Press e indirizzato alle persone umane che rimangono ancora ferme a una dieta latto-ovo vegetariana e si chiedono se fare o meno il salto verso il veganismo.


Fonte: Vegan Freak, seconda edizione
Bob Torres e Jenna Torres
PM Press Editore
2009

Anche se si può facilmente concordare con le idee che sono alla base del veganismo etico a livello filosofico, più di qualcuno può avere l’idea che il veganismo sia qualcosa di troppo lontano, che comporti troppo impegno e sia troppo faticoso da affrontare.
Come compromesso si decide spesso di diventare o rimanere vegetariani, perché, davvero, questa sembra spesso una soluzione ragionevole. Inoltre, non sempre si riesce facilmente a immaginare di rinunciare al formaggio, alla panna nel caffè o alle uova o a qualsiasi altro prodotto di origine animale che si consuma regolarmente.

Possiamo comprendere tutto questo ma pensiamo fermamente che sia necessario andare oltre, se si hanno veramente a cuore gli animali. Mentre la scelta del vegetarianismo può essere molto semplice per voi, comporta delle abitudini di consumo che creano condizioni di sofferenza estrema e morte per gli animali di cui sostenete di preoccuparvi.

Abbiamo trascorso tanto tempo come compiaciuti e “etici” latto-ovo vegetariani  e conosciamo la mentalità particolarmente bene. Abbiamo pensato che stavamo facendo qualcosa di buono con il nostro vegetarismo, ma in fin dei conti, eravamo solo parte del problema, e se sei un vegetariano che mangia uova, latticini e altri prodotti animali, sei parte del problema anche tu.

Sì, è un po’ brusco quanto diciamo ma prima di buttare il libro e accusare tutti noi di essere degli stronzi vegani estremisti, tieni in considerazione queste due grandi ragioni per cui il vegetarismo costituisce una risposta scarsa al problema dello sfruttamento degli animali.

Ragione # 1: considerando che mangiare carne comporta direttamente la morte dell’animale per ottenerne la carne, molti vegetariani affermano che il consumo delle uova e del latte non uccidono alcun animale. Quindi, secondo questo ragionamento, mangiare tali prodotti non è un male morale, perché non ci sono vittime.

Questo approccio è profondamente sbagliato perché non tiene in considerazione il funzionamento della moderna produzione intensiva.

L’unica cosa che non si dovrebbe mai dimenticare è che l’industria della produzione di prodotti di origine animale è un business globalizzato che si sforza di massimizzare i profitti a spese degli animali per ottenere la massima efficienza possibile. Con margini di profitto molto bassi in tutta l’industria, i produttori non possono permettersi di sprecare nulla e di certo non terranno in vita animali che non sono produttivi.  Quindi, in primo luogo, ciò significa che le galline che depongono le uova sono inevitabilmente abbattute quando la loro produttività diminuisce oltre un certo limite.
L’industria le eliminerà in camere a gas, le fulminerà, romperà loro il collo. In modo simile, anche le mucche da latte seguiranno la stessa sorte se non riusciranno più a produrre il giusto quantitativo di latte sia a causa della loro età sia per varie infezioni o malattie. La maggior parte delle vacche da latte che sono arrivate alla fine del loro ciclo produttivo vengono abbattute molto tempo prima di quando sarebbero morte naturalmente e trasformate in carne macinata di manzo o altri prodotti di questo tipo.

L’altra questione sulla quale ovviamente nessuno è incoraggiato a riflettere, è quella legata al ruolo dei maschi in questo processo.

Galline ovaiole e mucche da latte sono entrambe di sesso femminile. Poiché gli animali tendono a dare vita a femmine e maschi in un rapporto all’incirca del 50 e 50, dove va a finire il 50% dei maschi?

Nel caso delle galline ovaiole, i maschi sono assolutamente inutili per il produttore. Se non possono deporre le uova, e non sono buoni per la carne allevarli sarebbe semplicemente uno spreco di denaro e nessun produttore di uova – free range, organiche o no – è disposto a perdere denaro in questo business per trasformarsi in un santuario per animali da fattoria non produttivi.

Così, i pulcini maschi vengono spesso scartati alla nascita e utilizzati per la produzione di  ”farine proteiche”, o gettati nei cassonetti a morire di fame e soffocare lentamente. Un atto di crudeltà inimmaginabile.

Per le vacche da latte, i vitelli maschi vanno incontro a una fine simile. I maschi non possono produrre il latte, e così non hanno alcun valore per il produttore di latte, che, come i produttori di uova, non vuole bocche non redditizie da sfamare all’interno della sua fattoria. I vitelli maschi di solito sono separati a forza dalle loro madri e venduti all’asta pochi giorni dopo la nascita per trasformarsi in vitelli da carne.

Profondamente confusi e spaventati dalla mancanza di madri, questi neonati con un istinto di mandria vengono incatenati per il collo, soli, in casse all’interno delle quali possono a malapena muoversi per evitare che i loro muscoli si sviluppino troppo. Questo perché la carne di vitello con una tonalità rosa chiaro viene venduta a prezzi più alti sul mercato.

Questi animali sfortunati, animali che sono chiaramente esseri senzienti in grado di percepire e comprendere il mondo che li circonda, saranno costretti a trascorrere tutta la loro breve vita in questo modo, sofferenti e confusi, condannati a vivere un inferno in terra, tutto per colpa di un sistema di produzione, quella lattiero-casearia, tutt’altro che “innoqua” e che fornisce uova e latte ai latto-ovo vegatariani.

Come potete vedere, le uova e il latte “senza crudeltà” sono una fantasia, e se siete vegetariani, ora è il momento di smettere di vivere nella menzogna.

Ci si potrebbe discolpare dicendo che “non si può cambiare” ma in ultima analisi, queste scuse non fanno nulla per aiutare gli animali, cosa che voi che vi autodefinite a favore dei cosiddetti “diritti degli animali”, dovreste invece fare.

Ragione # 2: La seconda ragione per cui la scelta latto-ovo vegetariana è totalmente inutile nell’ottica dell’affermazione dei cosiddetti “diritti animali”, ha a che fare con il problema essenziale del rapporto di dominanza degli esseri umani sugli animali.

Se si vuole raggiungere l’obiettivo di un “veganismo come movimento” bisogna cominciare a costruire un movimento che vada oltre alle scelte legate al semplice consumo e miri invece a ridefinire i modi in cui gli umani si rapportano agli animali,  pretendendo che agli animali vengano concessi dei diritti che non possono essere violati per ragioni di mera convenienza, di gusto o per “tradizione”.

I diritti fondamentali per la cui affermazione i vegani si battono sono dei diritti del tutto simili quelli che riguardano la specie umana, il diritto di non essere di proprietà di un altro, il diritto di integrità fisica e la sicurezza e il diritto di non essere utilizzati come strumento per un altro fine.

Più semplicemente, stiamo cercando di eliminare la schiavitù degli animali secondo una serie di diritti inalienabili.

Così, anche se fosse possibile per un produttore produrre in qualche modo latte e uova senza provocare la morte di miliardi di animali l’anno, egli dovrà necessariamente limitare e controllare gli animali per la produzione di questi prodotti per i consumatori, che includono chiaramente schiere di latto-ovo vegetariani.

Gli animali coinvolti in queste forme di produzione sono considerati totalmente di proprietà dei rispettivi produttori, sono per loro macchine viventi utilizzate allo scopo di guadagnare, schiavi che giorno dopo giorno per tutta la loro vita soffrono unicamente per soddisfare esigenze, desideri e bisogni non propri.

Anche se le modalità di allevamento possono differire leggermente, la stessa dinamica di fondo è comune anche ai prodotti che trovate nel vostro negozio di alimentari o quelli etichettati “free range”, “locali”, o “biologici”.

Il mito di un prodotto animale “cruelty free” è proprio questo: un mito.

Come persone che si prendono cura di animali, abbiamo un fardello pesante da sopportare, che merita la nostra massima attenzione e il nostro più grande sforzo. L’enormità del compito è travolgente, ma tutti noi possiamo cominciare a innescare un cambiamento lavorando assieme.

La buona notizia è che potete fare qualcosa e siete in grado  di applicare cambiamenti positivi nella vostra vita che riconoscono il valore intrinseco degli animali.

La cattiva notizia è che miliardi – sì miliardi – di animali muoiono ogni anno e non possiamo più permetterci mezze misure auto indulgenti e scuse insulse. Invece di cercare il percorso meno difficile, dobbiamo vivere le nostre vite come esempi.

Dobbiamo lavorare costantemente per ridefinire e ripensare il rapporto tra l’uomo e gli animali e applicare queste modifiche a questo rapporto nella vita quotidiana.
Dobbiamo almeno questo a quegli essere di cui diciamo di preoccuparci, quelli che non possono parlare per loro stessi.

Se vi preoccupate per il benessere degli animali, e vi opponete alla diffusione delle inutili sofferenze e della morte, è necessario in primo luogo arrestare le dinamiche che li sfruttano.

Come forma di protesta vissuta, il veganismo è l’espressione di questo desiderio di giustizia, una reazione viscerale e logica agli orrori. E’ non essere complici.

E’ ora di abbandonare l’ipocrisia del vegetarismo e compiere il passo essenziale nella lotta contro un sistema che non considera gli animali come esseri in grado di sentire, amare e pensare, ma come semplici macchine per la produzione di profitto.

E’ ora di fare questo passo e diventare vegan.

A cura di Ada Carcione per Veganzetta


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24 Commenti
  1. sergi ha scritto:

    Questo articolo non contiene informazioni di cui io personalmente non fossi a conoscenza. E me ne rattristo enormemente e profondamente che quanto esposto sia tragicamente vero. In un precedente post ho espresso di non essere completamente vegana… mi riferivo più che a una questione alimentare principalmente al fatto di indossare capi di lana e seta precedentemente acquistati o regalati da persone che non conoscevano prima di allora il mio stile di vita… (in linea generale non amo fare proselitismi convertire o sbandierare le mie scelte di vita, ma apprezzo che altri lo facciano se fatto in chiave educativa e non accusatoria).. e anche a altre difficoltà oggettive che incontro nello sforzarmi di essere davvero coerente (non forse come vegani dichiarati che conosco che di lavoro vendono prodotti per Cani e Gatti anche a base di Vitello e Agnello). Ma quello che forse mi fa sentire più distante da un certo tipo di veganismo è proprio questa idea di assolutezza posta in modo indiscutibile. Non esiste per me in generale alcun totem ideologico che possa impedirmi di pensare o soprattutto mi faccia andare contro le mie sensazioni… il mio avvicinamento alla filosofia antispecista è nato dalla recente perdita del mio Cane. A costo di sembrare sentimentalista ma non riesco a scindere la ”giustizia la compassione e l empatia” riferita agli Animali da una forma di amore. Se questo non è contemplato allora non fa per me… questo doloroso lutto non è compreso dalla maggior parte delle persone così come lo vivo io… questa perdita per me è paragonabile a quella di un figlio… e più che un esercizio intellettuale il mio è un tentativo forse irrazionale e egoistico ma penso più largamente legittimo di colmare questa distanza che impedisce di avere nella società specista lo stesso dolore per la perdita di qualunque persona umana o non umana. Il mio timore più grande riguardo l antispecismo è che possa essere strumentalizzato da chi in mala fede può affermare ”se siamo tutti animali in natura gli animali si mangiano tra loro” e di chi è a favore di quell abominio che va sotto il nome di sperimentazione. Se a livello teorico e effettivo abbiamo un qualcosa in più in termini evoluzionistici questo qualcosa non deve essere rigettato ma al contrario usato per creare condizioni di vita migliori per tutti. La differenza sta nel buon uso.

    13 Maggio, 2015
    Rispondi
    • Paola Re ha scritto:

      Ciò che tu scrivi “Ma quello che forse mi fa sentire più distante da un certo tipo di veganismo è proprio questa idea di assolutezza posta in modo indiscutibile.” è la percezione che molte persone hanno del veganismo ma il veganismo non è così. L’assolutezza che un prodotto sia cruelty free forse non esiste perché nel concetto di cruelty free deve essere esclusa anche la crudeltà sugli esseri umani. Se la camicia che indosso è di cotone, quindi di un tessuto non animale, posso ipotizzare che sia cruelty free ma bisogna pensare che dietro questa camicia ci possa essere sfruttamento umano: questo vale per indumenti, alimenti, calzature, sebbene non abbiano origine animale. Una persona vegan ragionevole sa queste cose.
      Ciò che è scritto nell’articolo non fa una grinza ed è proprio vero che, quando si marca la differenza tra vegan e vegetarian, ecco che i primi individui sono “accusati di essere degli stronzi vegani estremisti”, come è scritto nell’articolo. Spesso le persone carniste che diventano vegetariane hanno delle persone vegan un’idea distorta, almeno quanto ce l’hanno le persone carniste, e purtroppo se la portano avanti tutta la vita.

      13 Maggio, 2015
      Rispondi
  2. sergi ha scritto:

    Cara Paola grazie della tua risposta.
    Permettimi di precisare che con la mia frase che hai virgolettato all inizio ho voluto esprimere e lo esplicito ora, il concetto che sia necessario uscire dal piano della polemica se si vuole avere un confronto costruttivo.
    È ovvio che non consumando direttamente ne lattici ne uova io non possa dare dello stronzo o dell estremista a nessuno. E in ogni caso non mi sognerei nemmeno di farlo per come sono fatta io. Se nei grissini che mangio ad esempio, dove non compare la classica V (prodotti per me di non facile reperibilità) è indicato che ”può contenere tracce di latte” (o altre precisazioni di questo tipo) mi rendo conto da sola che sia un problema, ma penso anche che i problemi vadano risolti un po per volta. Se alcuni vestiti che indosso per le ragioni che ho spiegato non sono vegani è perché ritenevo più giusto portarle al loro termine di utilizzo. Se questo significa vivere nell ipocrisia e nella menzogna o cercare scuse autoindulgenti e insulse allora accetto la critica…ma con molta serenità. Ti pregherei però di darmi un parere anche sugli altri punti da me esposti che ritengo essere di maggiore rilevanza.

    14 Maggio, 2015
    Rispondi
  3. Paola Re ha scritto:

    Cara Sergi, non ho frainteso il tuo atteggiamento verso il mondo vegan e ho capito che non sei il tipo da considerare “stronzi vegani estremisti” gli individui vegan. Ciò che dici dei grissini (che vale per molti altri prodotti da forno) è purtroppo legato alla lavorazione industriale. Anche i cibi vegan, se lavorati da certe macchine che lavorano il cibo non vegan, sono soggetti a questo rischio. L’ideale sarebbe non mangiare prodotti industriali ma, come scrivi tu, anch’io penso che i problemi vadano risolti un po’ alla volta. E come te, pure io ho ancora indumenti e calzature non vegan: appartengono al passato e attendo che si logorino. Per ora ho risolto un problema: quello di non acquistarne più. Se si cominciasse da questo, si darebbe una belle botta al mercato dell’orrore. Per il resto, sono d’accordo con te, soprattutto su ciò che hai scritto riferendoti alla morte del tuo cane perché ci sono passata pure io: sono lutti che spesso cambiano la vita e talvolta cambiano il nostro atteggiamento verso gli altri animali. Non vale sempre perché c’è chi considera il cadavere del proprio animale come quello di un familiare ma nel frigorifero tiene sempre il posto per i cadaveri di animali senza nome.

    14 Maggio, 2015
    Rispondi
  4. sergi ha scritto:

    Paola le tue parole sono una boccata di ossigeno puro…. sai, il mio Cane mi ha lasciata con un compito ben preciso e ogni cosa (cambiamento informazione attivismo) la farò in nome suo…. oggi ad esempio ho scoperto l esistenza delle cavezze antisucchio… forse per voi che scrivete qui e che ho capito essere attenti e preparati (sicuramente più di me) non sarà una novità ma per me è stato un duro colpo… in pratica sono dei dispositivi usati in zootecnia – zoo/tecnia!!! – che con dei piccoli uncini si arpionano all interno della cartilagine del naso del vitello e servono a non farlo respirare quando cerca di succhiare il latte dalla mucca…. adesso il tempo che ho trascorso senza nemmeno sapere di poter conoscere, o volendo ignorare per paura, queste cose mi sembra davvero assurdo e lontanissimo e non posso più richiudere gli occhi.

    14 Maggio, 2015
    Rispondi
    • Paola Re ha scritto:

      La zootecnia è un crimine legalizzato: non c’è altro da dire.
      Un giorno ho inviato a una persona vegetariana un video con un vitellino alle prese con le cavezze antisucchio. Mi ha risposto che quelli sono “casi estremi”…. quindi… leggendo tra le righe, se quelli sono casi estremi e io li propongo, sono una “stronza vegana estremista”…

      15 Maggio, 2015
      Rispondi
  5. Roberto Contestabile ha scritto:

    Sincerità e coerenza…troppo spesso non vanno daccordo. Gli esseri Umani, dotati di logica ed intelletto pari ad ogni vivente senziente terrestre, molto facilmente confondono ciò che è lecito e giusto per la propria sopravvivenza da ciò che invece è deleterio ed assolutamente dannoso per il benessere collettivo. Se è vero che l’ambiente esterno, in cui si nasce e si cresce, influenzi notevolmente usi ed abitudini…allora la società Umana odierna, definita carnista esasperata perchè capitalista consumista intensiva, è simbolo tragico di ogni pratica sanguinaria che purtroppo avviene in tutte le classi o settore. Non ammettere le proprie colpe, pur presumibilmente innocenti, significa far parte ipocritamente ad un gruppo estremo figlio di un potere occulto e mistificato. Tale è la corporazione ed ogni sistema dittatoriale che da secoli comanda in maniera indiscussa e spropositata su tutti gli esseri viventi, Animali in primis. La religioni, tramite dogmi molto profondi e radicati, hanno da sempre espresso a gran voce l’esistenza costitutiva di una piramide naturale dove all’apice esiste un dio ipotetico a cui l’uomo e la donna debbano essere devoti a danno ed usufrutto di ogni vita terrestre, ottenendo dunque beneficio indiscusso per la vita eterna, considerando ed escludendo pertanto ogni spiritualità diversa da quella Umana, ripudiando perfino ogni benevolenza non unilaterale verso una pace comune tra esseri viventi. Se così non fosse allora perchè, oggi e da sempre, l’essere Umano si nutre e si veste di Animali? Qual’è il confine, spesso ma frangibile, che separa l’uomo e la donna da pratiche cannibaliste? La violenza sugli Animali è strettamente intrinseca a quella Umana? E come è possibile identificare tale credenza o fede onnipotente se poi è l’Umano stesso che la crea e la persegue?
    Si può uccidere in tanti modi, anche semplicemente recandosi in un supermercato o ristorante o circo o praticando quasiasi azioni specista che ostacoli la liberazione Animale, e quindi Umana.
    Chi ha intrapreso una presa di coscienza vegetarianista eticamente incompleta ha l’obbligo morale di riflettere profondamente su tale scelta e chiedersi esplicitamente se sia doveroso continuare un percorso non fine ad un traguardo o vincita. Il veganismo stesso non è un obiettivo ma una strada da perseguire per ottenere una liberazione tanto attesa e sperata, che non vuole essere una meta nè un finale, ma un concetto stabile e duraturo utile ad una pace assoluta terrestre.
    L’utopia è a tratti presente, ma perdere empatia di fronte a pesanti pressioni ideologiche fallate e distruttive…significa morire dentro e in piedi.
    Non si conosce il futuro, nè si ha speranza di una vita oltre terrena. Questo è un concetto che non appartiene a chi è mortale per natura. Ogni pensiero o visione deve essere obbligatoriamente estromessa da concetti antropocentrici.
    L’evoluzione Umana per non essere distruttiva e sanguinaria deve per forza di cose allontanarsi da logiche di sviluppo individuale. E quello che oggi rappresenta il capitalismo…è la supremazia più forte ed estrema mai esistita.

    16 Maggio, 2015
    Rispondi
  6. Lorenzo Bresciani ha scritto:

    Andrebbe rivendicato l’essere vegani/e o si corre il rischio di ridurre il tutto ad una etichetta?

    19 Maggio, 2015
    Rispondi
  7. Veganzetta ha scritto:

    Grazie a tutte le persone che hanno commentato e che hanno sostenuto un dibattito interessante sulla questione vegetarismo.
    Più che di assolutezza del messaggio vegano, si dovrebbe parlare dell’insostenibilità delle posizioni vegetariane: al giorno d’oggi con la enorme mole di informazione che si ha a disposizione è impossibile affermare che non si sappia come viene prodotto il latte o il formaggio. Se venti anni fa si poteva avere qualche dubbio causato da carenza di informazioni, oggi è davvero insostenibile una posizione come quella vegetariana.
    La questione è meramente legata alla coerenza: se si vuole lottare per la liberazione animale lo si deve fare con i mezzi necessari, il veganismo è uno di questi, il vegetarismo no.
    L’essere vegan andrebbe rivendicato come presa di posizione politica, non farlo equivale a tacere ogni posizione di critica sociale e a far scadere il veganismo in una pratica individuale o uno stile di vita. Se si lotta per la nonviolenza lo si dovrebbe fare a viso aperto e sempre, non farlo significherebbe ammettere che gli altri abbiano la facoltà e il diritto di usare violenza contro i più deboli.

    19 Maggio, 2015
    Rispondi
  8. sergi ha scritto:

    Mi spiace molto constatare di non essermi saputa esprimere al meglio. L articolo proposto, sempre maledettamente attuale, era già di mia conoscenza in quanto pubblicato su una video community di cui faccio parte, da me frequentata anche in passato. Il mio errore di comunicazione, è stato quello di dare per scontato il non consumo diretto di uova e latticini, ma come poi ho specificato successivamente mi riferivo al consumo di vari prodotti alimentari che per la loro lavorazione di tipo industriale possono ”contenere tracce di…”. La disinformazione in generale è un problema secondo me invece ancora troppo diffuso, ad esempio riguardo all’orrore delle cavezze antisucchio di cui riferivo o altre ”pratiche” – leggi torture – che personalmente mi risultano nuove in tutto il loro sconcertante utilizzo. In più vorrei aggiungere che nemmeno a me piacciono le etichette per questo non amo auto definirmi vegana etica perché non so se il mio livello di coerenza me lo possa consentire, nonostante io mi ritenga già a un buon punto. Grazie.

    19 Maggio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Ciao sergi,
      Quando scritto è solo una posizione sull’argomento e non fa riferimento diretto alla tua esperienza.
      Il fatto che tu sia venuta a conoscenza dell’orrore delle cavezze antisucchio è invece sintomatico: 20 anni fa non lo avresti mai saputo se non parlando direttamente con chi le usa, o vedendole con i tuoi occhi. Questo fa la differenza tra chi non è in grado di avere delle informazioni e chi le può avere ma (chiaramente non è il tuo caso) non se ne cura.
      Il veganismo è una filosofia di vita positiva che andrebbe sempre considerata e dichiarata. Non farlo significa lasciare il veganismo nelle mani di chi vuole trasformarlo (e ciò accade già con grande successo) in un fenomeno commerciale, una dieta o una moda.

      19 Maggio, 2015
      Rispondi
  9. sergi ha scritto:

    Ciao Veganzetta, grazie
    è sempre un piacere leggerti… a questo punto mi chiedo e soprattutto Vi chiedo… partendo dal presupposto che non siamo una società di sadici assetati di sangue… come si fa a far arrivare il veganismo etico (non salutista) a tutte quelle persone, troppe direi, che hanno ”semplicemente” la coscienza anestetizzata da un’annosa e distorta propaganda a fini commerciali… ovvero che non associano il petto mutilato o la parte di animale, all’animale intero, vivo e senziente (complici soprattutto termini eufemistici come prosciutto fesa bacon ecc.)… oppure che non collegano ciò che mostra il volantino appiccicato a un muro per strada con il cranio trapanato di un gatto, agli ingredienti del loro prodotto di consumo da laboratorio…. come arrivare senza messaggi contraddittori… come attraverso l’ostentazione del corpo nudo di una donna, che rende oggetto la persona umana, dal momento che si dice di non reificare il corpo della persona non umana…. senza l’utilizzo di messaggi violenti, anche se non aprioristicamente condannabili, ma sicuramente altrettanto contraddittori… (preciso che per violento non intendo l azione di sabotaggio che anzi approvo pienamente)… certamente non è un qualcosa nelle possibilità del singolo, ma certamente quel continuo accecamento di massa che è la pubblicità non aiuta, ma anzi rende insensibili, al risveglio del senso critico.

    19 Maggio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Grazie sergi per le tue parole.
      Le tue domande non trovano, perlomeno in questa sede, delle risposte complete. Sicuramente possiamo dire che il cambio paradigmatico che l’antispecismo richiede è talmente grande che sarà necessario il lavoro di generazioni di Umani per spazzare via lo specismo dalla nostra società. Con il nostro impegno potremo raggiungere solo chi onestamente è disposto a mettersi in discussione, ma non tutti. Ci sarà sempre una certa percentuale di popolazione saldamente ancorata ai privilegi, alle visioni e alle tradizioni che lo specismo ci ha inculcate nella mente.
      Una vera svolta si avrà nel momento in cui nasceranno nuove generazioni che sin dall’infanzia riceveranno un’educazione al rispetto dell’alterità, in questo la scuola giocherà un ruolo fondamentale ma non solo.
      Per quanto riguarda noi – le nostre generazioni – lo sforzo dovrà essere massimo per cercare di raggiungere il maggior numero di persone possibili, un lavoro esplicito o sotto traccia, ma sempre continuo e coerente: i risultati ci sono e ci saranno. Per chi non ha assolutamente intenzione di cambiare, si può solo dire che sarà la natura a fare il suo corso e una volta scomparsi ci si augura solo che non vengano sostituiti da nuove generazioni con le stesse convinzioni delle vecchie.

      20 Maggio, 2015
      Rispondi
  10. sergi ha scritto:

    Dalla scuola non mi sono arrivati segnali molto positivi negli ultimi tempi… ho notato per la mia esperienza in alcune scuole che l educazione alla lotta allo spreco e al riciclo ha subito una diminuzione (Sogliole intere e yogurt sigillati finiti regolarmente nel bidone dei rifiuti indifferenziati nella mensa scolastica di alcune scuole primarie…). Penso che la svolta arriverà più dalle famiglie…. ma non perdo la speranza…. ecco un esempio…
    https://youtu.be/R0lXNmysfYc

    20 Maggio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Purtroppo sulle scuole hai ragione, del resto se gli insegnanti stessi non tengono in minima considerazione queste questioni cosa si può pretendere? mancano assolutamente basi e consapevolezza.

      20 Maggio, 2015
      Rispondi
  11. Arnaldo ha scritto:

    Noi abbiamo 2 galline, libere di razzolare in giardino e che depongono le loro uova con regolarità. Noi le mangiamo sicuri che si tratti di un prodotto “cruelty free”. Qualcuno mi deve spiegare perché dovrei sentirmi in colpa.

    20 Maggio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Ciao Arnaldo,

      I motivi per cui tu dovresti sentirti in colpa sono sostanzialmente due:

      1) Un motivo legato alla psicologia e alla fisiologia degli Uccelli: http://www.veganzetta.org/la-verita-sulle-uova
      2) Un motivo di natura prettamente etica:
      Non hai specificato da dove provengano le due galline, ad ogni modo poniamo che siano due Animali salvati da te da una morte sicura o da una vita di stenti: il tuo gesto nei loro confronti è un gesto altruistico di solidarietà nei confronti di chi si trova in difficoltà e soffre.
      Un gesto simile lo si potrebbe chiaramente concepire anche nei confronti di una persona umana: potresti ospitare a casa tua una persona senza casa che è costretta a dormire per strada. Anche in questo caso, infatti, si tratterebbe di un gesto altruistico di solidarietà: in quanto altruistico esso non ha altri fini se non quello di aiutare concretamente questa persona, senza chiedere nulla in cambio. Di sicuro non chiederesti a questa persona ospitata nella tua casa di compiere dei lavori per ripagare la tua ospitalità, perché in tal caso non si tratterebbe più di un gesto altruistico, ma di uno mero scambio di servizi.
      Se quanto affermato può essere considerato vero per una persona umana, per quale motivo non dovrebbe esserlo altrettanto per una persona non umana? Quindi se hai deciso di salvare due galline da una vita di stenti o da morte certa, perché dovresti chiedere in cambio di sacrificare le loro uova per un tuo tornaconto personale? Le galline depongono le uova per dei precisi motivi riproduttivi (che la riproduzione vada a buon fine o meno non ha alcuna importanza), non certo per far piacere a te. Potresti invece godere della loro compagnia e amicizia che sono cose ben più importanti delle uova.

      20 Maggio, 2015
      Rispondi
      • Arnaldo ha scritto:

        Ma se non c’è il gallo che feconda le galline, quelle uova sono sterili e non finalizzate alla riproduzione. Se non vengono mangiate, restano abbandonate nel cortile e destinate a marcire. Mi dispiace, ma mi sento più in colpa per lo spreco.

        20 Maggio, 2015
        Rispondi
        • Veganzetta ha scritto:

          Il fatto che non ci sia un gallo non dipende dalla volontà delle galline, ma dal fatto che non si trovano in un ambiente naturale ma artificiale.
          Le uova che le galline depongono vengono poi raccolte e covate, come è spiegato nel link proposto, e quindi non sono certo abbandonate, ogni volta che tu sottrai delle uova alle galline, loro ricominceranno a produrne altre per rimpiazzare la perdita, non si tratta pertanto di meri scarti, ma hanno una loro precisa funziona anche se non fecondate.
          Rimane in piedi la questione che tu ti senti in diritto di chiedere qualcosa in cambio alle galline che tu ospiti nella tua casa, cosa che non faresti se al loro posto ci fossero degli Umani. Questo è il concetto fondamentale che ci permette di sfruttare gli altri Animali senza sensi di colpa.

          20 Maggio, 2015
          Rispondi
        • Paola Re ha scritto:

          Caro Arnaldo, da ragazza vegetariana la pensavo come te. Vedevo le 5 galline di mia nonna, ognuna col proprio nome, razzolare libere nel cortile, con un piumaggio stupendo, coccolate come cani e gatti. Sono morte di vecchiaia, sepolte come i cani e i gatti, dopo avere “donato” le loro uova, finché hanno potuto, anche a me. Ho scoperto da adulta che il loro uovo era più a un furto che un dono e ancora oggi, quando mi trovo a discorrere di uova con chi le mangia, sono comprensiva, sperando che prima o poi arrivi a comprendere questo concetto. Inoltre, ogni volta che ci si trova davanti a una gallina ovaiola, bisogna pensare che per ogni femmina che vive, c’è all’incirca un pulcino maschio morto triturato o soffocato appena nato. Il mercato vuole questo. E’ chiaro che non c’è paragone tra le condizioni di vita delle tue galline e di quelle torturate negli allevamenti ma ciò non giustifica alcuna forma di sfruttamento, minima o massima che sia, di nessuna gallina.

          20 Maggio, 2015
          Rispondi
  12. sergi ha scritto:

    La scuola intesa come istituzione si adatta al modello socio economico perché fatta di persone che vivono in un certo contesto culturale… potremmo definirla ”figlia del suo tempo”. Servirebbe più apertura a spazi di controinformazione e approfondimento anche solo su base volontaria…. servirebbe ”un” Gary Yourofsky per ogni nazione che vada di scuola in scuola… (non quello originale perché a quanto pare non sopporta di essere interrotto dall interprete…) … allora l’adattamento verrebbe di conseguenza, perché di insegnanti rivoluzionari nella storia ne ricordo ben pochi.

    20 Maggio, 2015
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  13. Veganzetta ha scritto:

    La scuola forma i futuri cittadini di questa società, per tale motivo gli studenti impareranno ciò che c’è da imparare per essere funzionali al sistema vigente.
    Per cambiare qualcosa serve cambiare l’approccio all’insegnamento e le sue finalità.
    Per quanto riguarda Yourofsky, se ti va, leggi questo articolo: https://www.veganzetta.org/chi-ha-bisogno-di-guru-yourofsky

    20 Maggio, 2015
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  14. sergi ha scritto:

    Grazie per l’approfondimento Veganzetta, ho molto apprezzato… in effetti dispiace che Mr. Yourofsky non si sia trovato bene in un Paese la cui lingua madre discende direttamente da quella che ha tatuata sul braccio… in un Paese che, a differenza di altri Paesi anglofoni, non l’abbia preventivamente interdetto come persona non grata, dove al contrario sia stato accolto con entusiasmo… lamentando, inoltre, nonostante poi ognuno abbia il proprio target di interlocutori, una platea troppo nutrita di vegani, ritenendo evidentemente la sua funzione educativa esaurita con lo scomparire dei carnivori.
    Vorrei adesso portare all’attenzione un articolo comparso sull’ultimo numero (numero 20 del 19/05/2015) della rivista ”Diva e donna” (giuro che l’ho sfogliato casualmente ieri dalla parrucchiera, non è proprio il mio genere di lettura!!!), in cui la dott.ssa Vera Slepoj rispondendo a una mamma preoccupata (Barbara, di Forlì), consiglia di usare metodi dolci di persuasione per impedire alla figlia, adolescente e per antonomasia ribelle, la scelta vegana etica. A sostegno di quanto detto porta l’esempio dell’attrice Olivia Wilde, eletta dalla PETA nel 2010 vegana più sexy del mondo, che durante la gravidanza è tornata a un regime latto-ovo vegetariano. In un altro articolo la dott.ssa Slepoj, riflette una concezione della natura umana, tanto errata quanto radicata:
    ”sicuramente la parte primordiale dei nostri comportamenti molto ha a che fare con l’uso e l’abuso dell’aggressività, del tentativo di dominare, della tendenza ad essere un po’ cannibali nell’istinto e esprimere tutte queste peculiarità sottili dentro i nostri comportamenti”

    http://www.veganitalia.com/2003/02/amati-animali

    Si tratta infatti di comportamenti appresi (o patologici) e non innati, essendo noi Animali frugivori e erbivori, senza alcun istinto predatorio, ne’ onnivoro ne’ tanto meno cannibale. Forse mi chiedevo se potesse chiarirle un po’ le idee il direttore artistico, vegano, della commissione artistica di cui fa parte, ovvero quella della Fondazione Q.

    http://www.fondazioneq.it/la-commissione.html

    (Ecco Red Canzian in un’intervista su Veggie Channel)

    http://www.youtube.com/watch?v=W6oaw8fjjxc&feature=youtu.be

    Ma soprattutto volevo esprimere tutta la mia solidarietà a questa, nonostante la sua (beata) giovane età, coraggiosa ragazza… se stai leggendo queste righe sappi che non sarai mai sola… Concludo segnalando, per chi non lo sapesse, che questa sera, in prima serata sulla 7 ci sarà una puntata di ”Anno1”, dedicata agli allevamenti intensivi del nord Italia (da far vedere a mamma e papà).

    21 Maggio, 2015
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    • Veganzetta ha scritto:

      Ciao sergi,

      grazie per i link e le notizie.
      Per quanto riguarda la trasmissione Anno1 di cui parli è meglio stendere un velo pietoso.

      22 Maggio, 2015
      Rispondi

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