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Testo tradotto e liberamente interpretato dall’originale pubblicato su www.humanemyth.org
Traduzione e adattamento a cura di Costanza Troini
Neocarnismo – Neocarnism
E’ il sistema di pensiero caratteristico degli ex attivisti per gli Animali che collaborano con segmenti vari dell’industria che sfrutta questi ultimi, e partecipano allo sviluppo, alla certificazione, al supporto, o alla promozione di prodotti d’origine animale alternativi, “umani”, a volte chiamati “carne felice”. I praticanti del neocarnismo sostengono che queste attività non creano conflitto d’interesse per gli animalisti, nemmeno per quelli che ritengono l’uso e l’uccisione degli Animali moralmente sbagliati. Si rifiutano di consumare quegli stessi prodotti animali che consigliano al pubblico, appellandosi a obiezioni etiche personali. Similmente promuovono pratiche d’allevamento e procedure che essi stessi presumibilmente rifiuterebbero di applicare agli Animali per ragioni morali e di compassione.
Il pensiero che sta dietro al neocarnismo è largamente derivato dall’utilitarismo del filosofo Peter Singer. Per indagare sull’origine di questo termine, vedere il saggio del 2007 The Project for the New American Carnivore: From Lyman to Niman in 10 Short Years (in inglese).
Non-partecipazione e Non-cooperazione – Non-participation and Non-cooperation
Familiari a chiunque abbia partecipato a un boicottaggio, questi principi descrivono il rifiuto di prender parte ad attività considerate ingiuste o non etiche (non-partecipazione) e di collaborare o cooperare allo stesso tipo di attività (non-cooperazione). La protesta non violenta, come quella praticata da Mohandas Gandhi e Martin Luther King, è ampiamente basata su questi due principi chiave.
Cambiamento sociale non violento – Non-violent social change
L’approccio che rigetta la violenza in favore di metodi di educazione e persuasione nel profondo per trasformare la società, senza infliggere deliberatamente dolore e danno. Così come praticata da Gandhi, la nonviolenza include l’astensione non solo dalla violenza fisica, ma anche da quella psicologica, per esempio provocare paura, e comprende il rispetto e l’interesse per l’oppressore, non meno che per l’oppresso. Per un comune equivoco si pensa che praticare la nonviolenza sia indice di passività e timore dello scontro. Invece l’obiettivo è spesso quello di creare il confronto, non con il fine di danneggiare o opprimere a propria volta ma per svelare la vera natura dell’ingiustizia. La pratica della nonviolenza richiede rigorosa aderenza all’ideale, autodisciplina, umiltà, e coraggio.
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Back again.Ho letto e riletto.Non ho capito nulla.Forse è colpa della punteggiatura?Anche gli Animalisti cambiano idea.Cito stefano Benni:”Solo le mucche non cambiano idea”.
Ciao VIc,
C’è anche la possibilità che – come hai scritto – tu non capisca nulla :=)
Ciao Vic.
Gli ultimi due punti credo siano cristallini perché si riferiscono a lotte sociali in generale, e non esclusivamente a quella anti-specista. Se hai bisogno di chiarimenti, magari sii più preciso.
Il primo punto magari potrebbe essere problematico per chi non ha familiarità con l’antispecismo. Ad ogni modo e in estrema sintesi, si riferisce al pensiero di chi chiede gabbie più grandi, e standard migliori negli allevamenti, invece di lottare per la loro chiusura. C’è qualcos altro che non é chiaro? In caso, chiedi pure.
“Anche gli animalisti cambiano idea” – dici tu. Può suonare come “Anche gli anti-razzisti cambiano idea”.
Comunque è scritto male.E comunque purtroppo anche gli antirazzisti possono cambiare idea.Dannato Libero Arbitrio Specista!