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In relazione alla vicenda della scultura della porchetta esposta a Roma, si riceve e si pubblica il seguente testo.
Alla luce degli eventi che hanno seguito l’installazione della scultura Dal panino si va in piazza a Roma, siamo dell’idea che il dibattito sollevato palesi un’inconsapevolezza generale delle tematiche sull’Animale e sull’ambiente. Il nostro intento è stato quello di mettere in luce quanto queste due realtà siano complementari.
Ha suscitato scalpore l’installazione del giovane studente romano Amedeo Longo, Dal panino si va in piazza, sotto l’iniziativa del progetto Piazze romane supportato dal Municipio Roma I Centro e la Rome University of Fine Arts (RUFA). L’intento non è qui quello di soffermarsi sulla validità artistica dell’installazione – a eventuali critici l’arduo compito – quanto richiamare l’attenzione sulle critiche che hanno seguito quel che è stato definito “atto vandalico” dalle istituzioni promotrici dell’opera e dai suoi autori.
I molteplici significati che un’opera d’arte incarna non si limitano all’intenzione dell’artista, ma prendono vita e fioriscono sempre in una reversibilità prospettica. Si può pertanto riflettere sull’opera di Longo e degli avvenimenti che l’hanno riguardata.
In molti hanno dissimulato di fronte ad un’attenta analisi politica dell’opera, richiamandosi piuttosto al pacifismo, equiparando vandalismo a censura. Ponendosi al di qua di una critica alle critiche rivolte all’atto vandalico e considerando la politicità intrinseca dell’opera d’arte, si fa chiaro come nell’arte tutto è politica, non perché la politica s’infiltri in ogni ambito, ma perché l’esplicarsi della vita, nella totalità delle sue manifestazioni, ha sempre a che fare con processi che sono o di asservimento o di emancipazione. I tratti “rivoluzionari” di un artista non risultano mai estrinseci, come fossero mere prese di posizione di un intellettuale su contingenze storiche, ma sono connaturati alla sua stessa arte e sono dunque, in qualche modo, necessari. Di qui la domanda: quale politica incarna la scultura dell’artista Longo? Qui non si chiede quale fosse il significato attribuitogli dall’artista nell’atto di produrla, appunto perché l’opera d’arte trascende l’univocità del significato, soprattutto se è l’artista stesso a ritirarsi da un’individuazione così facile, così come riportano i giornali. Emerge, volutamente o meno – non è importante – il ruolo simbolico di questa scultura, il quale non pare ridursi ad un’apologia né tanto meno ad una glorificazione della porchetta. Il vero gesto politico, rimasto occulto anche da coloro che prendono le difese dell’artista, è l’affidamento della scultura alle piazze della città, ovvero agli occhi dei cittadini, un uso comune dell’arte che si fa beffa della proprietà privata e dei musei, che invano tentano di far proliferare significati in contesti chiusi. Di qui l’assurdità, seppur burocratica, dell’artista o del Comune di rivendicare una proprietà laddove questa è stata “vandalizzata”, smascherando ed esplicitando la complicità inconscia dell’artista con le varie forme di potere che dovrebbe di vocazione contestare o al limite mettere in luce.
Ora, le dichiarazioni che hanno seguito gli avvenimenti della notte del 27 giugno, manifestano in maniera limpida la sconcertante mancanza di consapevolezza che permea il senso comune di cui i rappresentanti delle istituzioni – e non solo – si fanno portavoce. Con “istituzioni” ci rivolgiamo a due personalità in particolare: Sabrina Alfonsi, Presidente del Municipio Roma I Centro, e Davide Dormino, scultore einsegnante di Scultura e Disegno alla RUFA. Due istituzioni, dunque, rispettivamente amministrativa e accademica. Sconfortanti, tanto da rasentare il ridicolo, le parole della Presidente Alfonsi:
«La violenza con cui una minoranza ha manifestato la sua contrarietà è inaccettabile. Ancor di più
quando proviene da coloro che dovrebbero porre al centro delle rivendicazioni sensibilità ed empatia
tra le diverse specie viventi sul pianeta»1.
D’altronde, quale modo migliore di promuovere questa empatia tra le specie se non mettendo in mostra la carcassa di un Animale? In quanto a sensibilità non sono da meno le dichiarazioni del professor Dormino, il quale, come riporta il New York Times, ha affermato la volontà di cibarsi della scultura nel caso in cui questa fosse stata effettivamente composta da carne suina2 .
In un momento storico in cui la salvaguardia delle specie diviene inconcepibile se affrontata da una prospettiva spudoratamente antropocentrica, e quindi priva di una concezione che conferisca la dignità ontologica che spetta all’Animale, risulta chiarissima, alla luce delle dichiarazione riportate, la mancanza di consapevolezza a cui sopra si faceva riferimento. Se è vero che un’opera decadente è sempre testimonianza di un’epoca decadente, la scultura e i suoi promotori si fanno immagine presente dell’immaturità culturale che caratterizza gran parte dell’opinione pubblica rispetto a questioni la cui ovvietà dovrebbe esser lampante.
Se il fine ultimo dell’opera fosse stato quello di aprire un dibattito intorno al suo significato, si può ritenere conquistato questo obiettivo in quanto lo stesso atto vandalico deriva da una posizione critica che ha reso evidenti le problematicità intrinseche all’opera.
Alois Pachner e Luca Pantano
Note:
1) www.lastampa.it/la-zampa/altri-animali/2021/06/25/news/roma-rimossa-la-statua-della-porchetta-vandalizzata-nella-notte-altri-comuni-chiedono-di-poterla-ospitare-1.40429649
2) www.nytimes.com/2021/06/25/world/europe/rome-pig-sculpture-porchetta.html
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Un caso che meriterebbe di essere protagonista di una novella di Pirandello: il grottesco. Non si sa davvero come reagire davanti alle parole delle istituzioni. Il paradosso è che l’arte ci venga presentata come qualcosa che appartiene a tutti ma quando una consistente parte della popolazione (non solo i cattivoni animalisti) esprime dissenso, ecco che cambia il concetto di arte. Adesso la magnifica opera d’arte è in restauro. Aspettiamo che venga riesposta così vediamo il seguito della telenovela.