Come si mercifica la lotta antispecista


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3 minuti

Un articolo di Earthriot utile per riflettere.


L’ambiente vegan sembra quasi essere sotto l’assedio di un mercato che sta studiando qualsiasi strategia pur di impadronirsi di quella fetta di persone che dovrebbero remare contro il consumismo, ma che invece in gran parte sembrano lasciarsi tentare dai prodotti industriali messi in commercio da quegli stessi marchi che per coerenza dovrebbero combattere.
Negli ultimi tempi capita di assistere con un po’ troppa frequenza a espressioni di giubilo ingiustificate, soprattutto sui social network, diaboliche piattaforme che troppo spesso riducono l’attivismo ad un effimero quanto inutile “mi piace”.

Persone che inneggiano a un presunto avvenuto “cambiamento” perché hanno trovato un panino pomodoro e mozzarella in autogrill, perché Cremonini (primo produttore di carne di rossa del Paese) ha messo in commercio un panino vegano farcito con una foglia di lattuga e una fetta di melanzana (in qualsiasi stagione, ovviamente) a “soli” € 4.50, oppure, esempio degli ultimi giorni, la Granarolo che oltre a produrre latte vaccino avvia anche la commercializzazione di quello vegetale.

Forse ad alcuni non è chiaro che un “cambiamento” può essere sia positivo che negativo, che non sempre è sinonimo di progresso e che la strada intrapresa dal mercato dovrebbe farci indignare perché sta tramutando in industrializzazione la lotta alla liberazione di ogni essere vivente. Sta mercificando i valori di cui siamo, giustamente, tanto orgogliosi.

Il veganismo, come la lotta antispecista più pura di cui preferiamo parlare, non è una moda, una scelta, una dieta alimentare o uno stile di vita, un qualcosa di cui scrivere su una rubrica di un mensile sulle ultime tendenze, ma un modo di concepire la vita stessa. E non rappresenta una nuova forma di industrializzazione, la ricerca di surrogati sintetici e industriali che sostituiscano carne, formaggio o uova, ma, al contrario, un mezzo per allontanarsi dalle produzioni intensive e di massa che stanno mettendo in ginocchio la Terra.
In passato ci siamo espressi più volte sull’incoerenza di definirsi vegan, o peggio ancora antispecisti, e poi acquistare con leggerezza un panino falsamente nonviolento, venduto da un’azienda (in questo caso Cremonini) contribuendo così a finanziare l’industria della carne, l’acquisto, la schiavitù, le torture e la morte di quasi 60 miliardi di animali all’anno.
Questo appena descritto è uno dei classici esempi di “cambiamento” avvenuto in maniera negativa, figlio di quell’opera di greenwashing innescato ormai da diverse aziende, un “capitalismo verde” che non esprime nulla di nuovo e punta a ingannare il tanto agognato consumatore.

Oggi vogliamo concentrarci sull’ultimo esempio in ordine cronologico di azienda che tenta di ripulirsi l’immagine e nel contempo di aggiudicarsi nuovi clienti: la Granarolo, uno dei principali produttori nazionali di latte vaccino.

Il punto è proprio questo: si potrebbe anche parlare di “cambiamento” positivo se Granarolo avesse cessato la produzione di latte vaccino per convertirsi unicamente a quella di latte di riso, soia, avena etc., ma così non è.
Il collegamento da fare non ci pare difficile: acquistando latte vegetale Granarolo si finanzia l’industria della carne e la produzione di latte mediante sfruttamento animale. Eppure assistiamo ai festeggiamenti di molti presunti vegan che accolgono questa novità con soddisfazione.

Forse è il caso di ricordare a quali agonie va incontro una mucca privata di ogni soggettività e ridotta a una macchina per la produzione di latte.

Rinchiusa a vita, sovralimentata, costretta a rimanere incinta ad un ritmo molto più elevato di quello che accadrebbe in natura, strappata dal proprio vitello che ha la sola funzione di stimolare la madre a produrre latte per i guadagni dell’industria. Le mucche non possiedono latte in eccesso a disposizione dell’essere umano, lo producono solo dopo aver avuto il vitello e per la durata di tempo in cui lui deve essere svezzato. E se ciò che abbiamo scritto non fosse sufficiente per comprendere la sofferenza alla quale sono costrette queste mamme, vi invitiamo a guardare il seguente video.

La lotta, perché di questo si tratta e non di una corsa a cosa mettere oggi nel carrello della spesa, non conosce compromessi e deve essere credibile affinché sempre più persone si convincano del fatto che ogni vita merita rispetto, e che la nostra specie non deve essere quella dominante, ma solo una delle tante che abitano questo pianeta.
Il veganismo è un punto di partenza, non di arrivo. L’antispecismo è un percorso di miglioramento che dura tutta la vita e a tale proposito è necessario ricordare che non si riduce tutto al rifiuto di consumare carne, pesce e derivati animali in generale. Il boicottaggio delle multinazionali è indispensabile per sgretolare quelle dinamiche di sfruttamento che attanagliano la Terra e per sradicarsi da quella situazione di complicità di un sistema basato sul dominio ambientale e di ogni specie sacrificabile.

S. Strummer


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36 Commenti
  1. Alex L ha scritto:

    Io penso che si dovrebbe andare per gradi. Una società consumistica ma vegana è già un passo avanti, mica si può pretendere tutto e subito. E allora io che sono concettualmente contro la proprietà intellettuale, la pubblicità, la TV, la radio e i social network cosa dovrei fare? Trovare il pelo nell’uovo in ogni iniziativa un tantino più coscienziosa? E allora noi non dovremmo essere qui a parlare su un sociale network come questo. E questa “veganzetta”? È ospitata su server italiani alimentati solo da energie rinnovabili? Sarebbe un po’ troppo pretenderlo, come è un po’ troppo pretendere che un uomo diventato vegano vinca anche la sfida del consumismo.

    Conclusione: il sistema lo si cambia dall’interno.

    29 Gennaio, 2015
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  2. Veganzetta ha scritto:

    Ciao Alex,
    Stiamo già andando per gradi… Non serve di certo rallentare maggiormente.
    Una società consumistica vegana sarebbe molto pericolosa perché avrebbe un aspetto etico derivante dall’idea vegana usato a beneficio degli interessi commerciali e produttivo: bene o male tutte/i oggi sanno che le multinazionali inquinano, distruggono e sfruttano, un domani chi potrebbe opporsi a delle multinazionali “etiche”?
    Questo è il greenwashing di cui si parla nell’articolo.

    Veganzetta non è su server alimentati solo da energie rinnovabili, ma se si riesce lo sarà in futuro, di sicuro però non prende un solo centesimo dallo Stato, dalle istituzioni, non fa pubblicità commerciale o operazioni similari e chi la gestisce per tutti questi anni ha fatto molti sacrifici (anche economici) per tenerla in piedi. Anche questa si chiama indipendenza e coerenza.
    Il sistema lo si cambia dall’interno combattendolo, non alimentandolo.

    29 Gennaio, 2015
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  3. Raffaello Eroico ha scritto:

    Non dissento da quanto viene giustamente fatto notare nell’articolo. Ciònonostante occorre però essere coscienti del fatto che se vengono “proposti” prodotti dedicati al mondo “antispecista-veg-etc” é un fatto solo positivo. Boicottarli o meno, certamente dipende da quale ottica vogliamo usare: comprare latte di soia Granarolo può essere positivo poiché si manda un segnale economico (quello di soia vende di più, fermiamo lo sfruttamento), e negativo: diversifichiamo le offerte e con il profitto del latte di soia finanziamo un nuovo “formaggino”. Insomma fa piacere che siamo diventati un pubblico attraente (pochi sentimenti, sono le statistiche, lo é la logica). Ma a quando la FINE dei contributi agli allevatori (cosa che tiene il prezzo del latte bovino paradossalmente più basso di quello dei vegetali)???

    30 Gennaio, 2015
    Rispondi
  4. Paola Re ha scritto:

    La notizia della Granarolo in questi giorni fa perecchio parlare. E’ vero ciò che è scritto nell’articolo: “…si potrebbe anche parlare di “cambiamento” positivo se Granarolo avesse cessato la produzione di latte vaccino per convertirsi unicamente a quella di latte di riso, soia, avena etc., ma così non è. Il collegamento da fare non ci pare difficile: acquistando latte vegetale Granarolo si finanzia l’industria della carne e la produzione di latte mediante sfruttamento animale.”
    E’ anche vero ciò che scrive Raffaello Eroico: “comprare latte di soia Granarolo può essere positivo poiché si manda un segnale economico (quello di soia vende di più, fermiamo lo sfruttamento)”
    Per quel che mi riguarda, essendo Granarolo un gigante dello sfruttamento animale, non compro comunque il suo latte vegetale.
    Tra l’altro, Granarolo, da almeno tre anni è nell’occhio del ciclone per scioperi, vertenze sindacali, sfruttamento di lavoratori e lavoratrici. Basta digitare “Granarolo lavoratori” su Google e si trova un’esaustiva documentazione.
    Chi lavora alla Granarolo fa parte della catena dell’orrore animale: Granarolo sfrutta lavoratori e lavoratrici che a loro volta sono “operativi e operative” nello sfruttamento animale. Il grattacielo di Horkheimer è sempre attuale.

    31 Gennaio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Ciò che scrive Paola è assolutamente condivisibile. Non si dovrebbe accondiscendere alla logica di mercato a discapito dell’etica che contraddistingue il messaggio antispecista e vegano. Comprare prodotti Granarolo (ma è solo un esempio), significa contribuire alla crescita di un gigante che è sorto dalle sofferenze degli Animali. Granarolo non fa latte vegetale perché di colpi i vertici aziendali si sono convertiti al veganismo, ma perché ora il veganismo è di moda.
      L’unico messaggio che in quanto consumatrice e consumatori vegan possiamo fornire è quindi una sorta di beneplacito al trasformismo opportunistico di questi colossi del business a cui nulla importa se non l’incremento dei profitti.

      4 Febbraio, 2015
      Rispondi
  5. Massimo Siri ha scritto:

    Penso che certi cambiamenti non possano che avvenire per gradi e con tutti i controsensi che l’articolo fa notare. Quando avremo raggiunto una massa critica, forse, non ci sarà più spazio per l’ipocrisia di oggi. Ma è più probabile che se ci saranno dei cambiamenti più profondi, questi avverranno per necessità economica imposta dai cambiamenti climitaci che tra una decina di anni renderanno obsolete certe produzioni di oggi. Non illudiamoci nel breve-medio termine in un cambiamento per il solo rispetto degli animali su scala planetaria.

    1 Febbraio, 2015
    Rispondi
  6. paoloTT ha scritto:

    Mi pare che l’accesso a prodotti vegetali da parte di un bacino di consumatori che altrimenti avrebbero continuato soltanto a sostenere la produzione derivata direttamente dalla schiavitù degli animali possa costituire un cambiamento evolutivo almeno in termini culturali generali.
    La stragrande maggioranza dei consumatori ( perchè ci piaccia o meno siamo tutti parte di questa categoria nella società dei consumi, chi più chi meno compromesso degli altri ) utilizza le solite catene di distribuzione per procurarsi il cibo e questo è un dato di fatto che nessuna considerazione politica può modificare.
    Concordo che idealmente sarebbe preferibile che queste grandi catene commerciali scomparissero per restituire all’economia locale la capacità di sopravvivere al di là dei grandi margini di profitto che si riesce a generare, ma la promozione di questo scenario passa soltanto attraverso la scelta oculata che ogni uno di noi riesce a compiere ogni volta che acquistiamo cibo, o meglio ancora, attraverso la capacità di autoprodursi ciò di cui necessitiamo per sopravvivere. Il problema è che siamo in pochi e il tempo a nostra disposizione non ci consentirà di sperare che a breve diverremo noi la maggioranza.
    In “virtù” dell’attuale trend, lucidamente presentato dall’articolo di EarthRiot, coloro i quali, tipicamente, si recano alla Conad o alla Coop per fare la spesa, potranno venire a contatto con prodotti non derivati dallo sfruttamento degli animali soltanto se quei supermercati offrono loro tale opzione e questo temo sia un altro incontestabile dato di realtà.
    Ciò detto, in quanto persona solidale e attivamente partecipe nella lotta per la liberazione dal dominio dell’uomo sulla Natura, personalmente non sosterrei mai ne Cremonini, ne Granarolo con i miei acquisti, ma dobbiamo riconoscere che quanti considereranno per la prima volta l’acquisto di un latte non vaccino lo faranno raramente perchè motivati da l’insorgere di una sensibiltà nuova rispetto alla crudeltà e alla violenza insita nella produzione di quei prodotti, ma semplicemente perchè quel particolare articolo è disponibile su quel solito scaffale presso l’usuale supermercato.
    Per concludere, occorre diversificare le nostre valutazioni. C’e’ chi sceglie di opporsi al sistema capitalistico che fonda la propria etica sul profitto, sulla divisione del lavoro, sugli investimenti, sull’accumulo delle merci e sulla devastazione dell’ambiente; c’e’ chi si accorge che qualcosa non va e che la cosidetta etica pubblica o l’educazione inculcata loro in famiglia e a scuola si infrange coi propri valori eventualmente sviluppati in maniera autonoma e conseguentemente decide di boicottare alcuni marchi, alcune merci o di dedicare parte delle proprie risorse alla difesa dei più vulnerabili ( persone umane o animali che siano ); ma non nascondiamoci che c’è anche la massa dei menefreghisti che bada soltanto ai propri interessi o a quelli della propria ristretta fascia di affiliati, e costoro non spariranno domani e nemmeno dopodomani, a questa anonima massa di uniformati al sistema delle cose esistente non interessa minimamente alcun ragionamento critico contro il sistema che li nutre, non è attratta da concetti di liberazione nè da idee di giustizia e sono loro il vero ago della bilancia, sono loro i clienti dell’autogrill che compreranno il panino vegetale a 4 euro e 50.
    La domanda è ” come pensiamo di convincere tale gentaglia della bontà delle nostre idee”?

    1 Febbraio, 2015
    Rispondi
    • Earth Riot ha scritto:

      Bella domanda Paolo e forse la realtà è che ad alcuni non si riuscirà mai ad arrivare direttamente, lo farà il meccanismo che stiamo cercando di far girare giorno dopo giorno.
      Proprio per questo è necessario portare avanti una giusta informazione affinché chi sente la propria coscienza risvegliarsi non cada in preda all’inganno di chi cerca di fare soldi sulla causa.
      Bisogna avere pazienza, umiltà e i piedi ben saldati a terra, consci del fatto che già solo una persona raggiunta è un ottimo risultato, perché quella persona potrà raggiungerne un’altra e così via.
      Per questo è necessario che l’idea antispecista portata avanti sia chiara, non conosca compromessi, vie di mezzo e contentini, mentre noi discutiamo miliardi di vite vengono spezzate.
      “come possiamo convincere tale gentaglia della bontà delle nostre idee?” cercando di essere coerenti con noi stessi intanto, all’interno del movimento, solidificando i principi che muovono le nostre idee e azioni basate sulla nonviolenza.

      2 Febbraio, 2015
      Rispondi
  7. Earth Riot ha scritto:

    Pensare che acquistando latte vegetale della Granarolo si faccia percepire al mercato un segnale di cambiamento può essere molto pericoloso e anche utopico.
    L’unico obiettivo delle varie aziende è di non farsi scappare nessuno, se l’ambiente antispecista accetta di sottostare a queste strategie di mercato non fa altro che mandare un segnale di necessità, ma non abbiamo bisogno che la Granarolo produca latti vegetali, perché se proprio abbiamo bisogno di acquistare prodotti veg industriali ci sono già tante altre aziende a farlo.
    L’articolo non è rivolto a chi si avvicina all’ambiente vegan e antispecista, ma a che ne fa già parte da tempo e dovrebbe dare l’esempio, rifiutando questi giochetti del mercato che non sono mirati a cambiare le cose, ma a garantire alle ditte produttrici guadagni provenienti da ogni fascia sociale.
    Il discorso però è ancora più ampio, come ha fatto notare giustamente Paola, l’antispecismo non termina con il rifiuto di consumare carne, pesce e derivati animali, ma si allarga a tutte quelle dinamiche di sfruttamento e prevaricazione ambientale, animale e sociale.
    L’antispecismo è un percorso, e nel corso di questo cammino bisogna riuscire a prendere le distanze dal mero prodotto industriale che, comunque, qualche danno l’ha provocato, valorizzando i prodotti che naturalmente la terra offre e che sono più che sufficienti per la nostra sopravvivenza.

    1 Febbraio, 2015
    Rispondi
  8. LoVegan ha scritto:

    Sono d’accordo, anche se mi rendo conto che la maggioranza la pensa diversamente. Le aziende, piccole o grandi, fanno business; attualmente l’alimentazione vegan è un business. Dal mio punto di vista, acquistare da loro è tutt’altro che un passo in avanti: i soldi dati a Granarolo, alla coop (nata e diventata florida come cooperativa di allevatori) o a Cremonini, sono utilizzati per continuare lo sfruttamento. Io non faccio testo perché non tollero i compromessi, ma piuttosto che comprare da certe aziende – per niente etiche e in più ipocrite (vedi fairtrade con derivati animali e olio di palma)- rinuncio al prodotto.
    Certo la grande distribuzione rende accessibile a tutti cibi altrimenti difficili da reperire, così come è vero che anche i non vegan eviteranno di acquistare carne e simili, ma io vedo un difetto alla base. Per esperienza pluriventennale non vedo la situazione rosea come viene dipinta. Giusto ieri commentavo i dati eurispes sulla sensibilità degli italiani nei confronti degli animali; basta entrare in un canile, un supermercato, un ristorante, una farmacia, per vedere che le parole e i fatti non corrispondono.

    1 Febbraio, 2015
    Rispondi
  9. Roberto Contestabile ha scritto:

    Io personalmente non considero minaccioso l’entrata di una grande azienda casearia in un settore quello alimentare surrogato vegetale in continuo fermento. Non dobbiamo scandalizzarci o temere grossi sconvolgimenti. L’industria, con al seguito i suoi esperti di marketing, studia e indaga laddove vede un bacino d’utenza vergine o in crescita…e lì ci piazza i suoi bei prodotti ammiccanti originali, o copiati, non fa differenza. Basta marchiarli e brandizzarli con il proprio logo. Per intenderci…la “Lola” esisteva anche prima, e solo perchè ha toccato il nervo dei vegani…non credo sia corretto gridare al sacrilegio. Non bisogna sentirsi appartenenti ad una casta o ad un gruppo estremista. Non spetta a me dire che non bisogna confondere il veganismo salutista da quello etico…e poi diciamocela tutta: non sorprende per nulla che chi produce e vende latte vaccino decida un bel giorno di allargare sullo scaffale la sua bella porzione di facing avida di fatturato. Sono strategie ben radicate in una grande distribuzione stracolma di speculazione commerciale. Il connubio industria-distribuzione corre di pari passo. Negli ultimi anni i consumi di bevande e yogurt a base vegetale sono aumentati esponenzialmente non tanto grazie ai vegani, ma soprattutto grazie agli intolleranti al lattosio. E anche se può sembrare una piccolezza, non lo è affatto. Basterebbe un piccolo sondaggio per capire che molte di queste persone fanno colazione sì con bevande vegetali o delattosate, ma che contemporaneamente si nutrono anche di tante altri prodotti che con il veganismo non hanno nulla da spartire. Sono tutti possibili clienti molto appetitosi. L’azienda bolognese sopra citata lo sa benissimo e leggendo le indicazioni presunte salutiste sulle sue confezioni, ecco che il tentativo marketizzato di sfruttare un occasione ghiotta…è pronto e veloce! Si aggiunge poi una bella speculazione sui prezzi…e il giochetto è fatto! Questo è il mercato. Dobbiamo fermarlo? Dobbiamo opporci ottusamente?
    La lotta all’antropocentrismo non si attua con il boicottaggio industriale, non solo. Viviamo in un sistema capitalista e che ci piaccia o no esso deve comunque mutare in una direzione più sostenibile. Ma questo si ottiene insegnando ai consumatori ad effettuare delle scelte non strettamente personali ed egoiste, ma più rigorose e responsabili, facendo capire a queste stesse persone cosa è giusto e cosa è sbagliato tramite una concreta ed etica informazione. Informazione basata sulle reali condizioni di schiavitù esistenti derivanti dalla produzione, e sulle presunte alternative ad uno sviluppo sostenibile. Le persone devono avere uno schock emotivo per mutare le loro abitudini, non si fanno convincere da ingenui spot diffamatori. Non è questo il caso, ma come giustamente è stato detto, l’articolo in questione è indirizzato a chi ha già intrapreso un percorso di coscienza, e che vuole funzionare da avviso sulla non conformità etica-aziendale di un settore protagonista in sfruttamento Animale. Ogni forma di capitalismo non è mai stato etico e mai lo sarà. Ogni forma di corporazione industriale non è sostenibile. L’attuale sistema monetario non è sinonimo di benessere per le persone. Questo è un dato di fatto.
    Esempi come l’azienda sopra citata sono soltanto avvisagle di un qualcosa in crescita. Sono fette di mercato particolarmente gustose da addentare da parte di chi sfrutta ogni possibilità commerciale per fare profitto. Non dobbiamo meravigliarci, ma capire che ciò purtroppo è lecito in un sistema sociale basato sulla soddisfazione di bisogni materiali. E chi pensa che più tofu, seitan e veggie-mac saranno presenti consequenzialmente ad una riduzione di hamburger e wurstel…è in tragico errore. Si creerà solo un bacino d’utenza parallelo, come lo è stato per il settore light o presunto dietetico tanto seguito in passato ed ancora oggi in voga tra i più trendy del momento, i fantomatici prodotti-dietetici, che presto diventeranno (o già lo sono) prodotti-vegan. Certamente può essere utile inculcare ai carnisti che esiste un alternativa alla cotoletta o al latte intero, ma i mezzi a disposizione sono ben altri, più importanti e radicali. Io credo che non dobbiamo spaventarci troppo di questi tentativi commerciali che, si voglia o no, saranno sempre presenti e lo saranno ancor di più se il vero concetto di antispecismo non sarà inculcato nelle persone, a partire soprattutto dalle nuove generazioni, le nuove leve che potranno un giorno veramente fare la differenza. Io credo che dobbiamo somatizzare questi eventi ed andare oltre, continuare nella nostra lotta e sperare che la Liberazione si possa raggiungere tramite un concetto più prettamente Animale e non umano. Bisogna pensare più da Animali, e non nel senso dispregiativo del termine…questo è ovvio.

    3 Febbraio, 2015
    Rispondi
  10. Priscilla ha scritto:

    Lo metto qui. A me stanno s-veganizzando la figlia! Anche grazie a qs. prodotti.
    Non racconto i miei fatti personali, ma devo gratitudine a parenti che si prendono cura in settimana e durante le vacanze di mia figlia di 10 anni. La trattano con amore ed affetto.
    Io sono vegana da anni, e lo era anche lei. I miei cognati sono onnivori ma si prestano a dare alla bambina alternative vegane. Proprio del tipo delle cose così che si comprano all’Esselunga. Ora vengo a sapere che mia figlia non le sceglie più! Se le mangiano loro qualchevolta. Invece della veg-nutella mia figlia ora sceglie la nutella ferrero. Indifferentemente. L’alternativa veg-supermercata la sceglie ormai solo se le piace di più. Non riesce più a “vedere” in quel barattolo.
    Sono sicura che queste persone amano mia figlia, la trattano come la loro bambina, e la fanno diventare come lei. Non ho scelta e comunque mia figlia è felice. Sono bimbe d’oro tutte e due, ma adesso la mia bimba quando le parlo ancora degli animali e delle sofferenze e delle ingiustizie, non vuol sentire, sembra diventata sorda. Mi dice ma siii, dai!! Bevo il latte di soia!!!!! Sbuffa, mi dice che me ne importa più delle mucche che di lei. E io ci sto male, e vedo che lei inizia a raccontarmi le bugie per tenermi buona. E vedo che vuole un sacco di cose tramende tipo tutte le cose di vestiario quasi nuove che la cugina le darebbe (è un po’ più grandina) e che grondano sangue. L’ultima che mi fa star male: sabato vanno all’acquario di genova. Mia cognata mi ha detto noi andiamo, se non vuoi che I. ci vada, tienila tu. E I. mi ha detto cose tremende, e io pure a lei. E alla fine ci andrà.
    Tutto questo grazie alla veg-nutella dell’Esselunga? Forse no. Però un po’ anche.

    3 Febbraio, 2015
    Rispondi
    • cristina beretta ha scritto:

      Mah..cara Priscilla, non conosco bene la situazione, però penso che tua figlia stia passando un periodo in cui, per individualizzarsi e staccarsi dal modello materno, si sta facendo trascinare da una figura carismatica a lei vicina ( la cuginetta, in questo caso ). Lasciale tempo per elaborare da sola i valori che le hai insegnato, non mancherà di darti risposte sorprendenti. Abbi pazienza e comunicale che la pensi diversamente rispetto agli altri parenti, sempre con il sorriso e la calma dei forti.
      Ti abbraccio

      15 Febbraio, 2015
      Rispondi
  11. Roberto Contestabile ha scritto:

    Cara Priscilla…leggere le tue parole mi rende molto triste! E credo non solo a me.
    Che dire…sono situazioni molto personali e non è giusto nè corretto entrare in merito. Ma una cosa voglio dirti, e cioè quello che farei io al tuo posto se fossi genitore di una figlia che sta andando in un altra direzione da me prefissata ed inculcata: lotterei con tutte le mie forze per educarla al meglio, al meglio delle mie possibilità, anche a costo di scontrarmi con lei, i suoi parenti o amici. Non tanto per cattiveria o forte rigore, ma perchè l’educazione è importante, molto importante in un bambino che capisce e reagisce di fronte ad induzioni terribilmente forti…come lo è appunto il successo dei brand, o altri falsi miti come circhi o delfinari.
    Fai molta attenzione, perchè non riprenderla ora, in età adolescenziale, significa perderla per sempre. (in termini etici naturalmente)
    Ascolta la tua coscienza di madre vegana, e vedrai che la soluzione più giusta ed idonea arriverà da sola!
    Cari saluti.

    3 Febbraio, 2015
    Rispondi
    • Priscilla ha scritto:

      Tralasciando la mia situazione personale, ecco una piccola parabola, sempre tratta dalla mia esperienza: do a mia cognata la ricetta per la veg-maionese fatta con latte di soia, facilmente reperibile in qualsiasi super al lato del latte crudele.
      -Ah, grazie eh… Non male la maionese senza uova. E’ più leggera, l’ho provata ieri sul pesce ed era ottima.
      Ovvero: trovare facilmente nella grande distribuzione alimenti veg al lato dei loro simili non veg… fa semplicemente vendere più alimenti veg. Togliendoli un po’ dalla ghettizzazione delle faccende costose per fighetti pieni di fisime
      Incidentalmente renderà meno complicata la vita di qualche vegano, ma in sè e per sè, l’impatto sul consumo di alimenti crudeli è assolutamente nullo. Un giorno mangiano veg-nutella ed il giorno dopo quella ferrero. Se il signor ferrero si mette a fare veg-nutella, ci guadagna uguale, anzi di più, perchè mediamente l’alternativa veg è spesso più costosa.
      Quanto a mia figlia… combattere dici… ma la vedo ben dura. Non credo sia possibile obbilgare qualcuno a scelte non autenticamente sentite. Neppure un bambino piccolo. Una ragazzina di 10 anni poi… se si mangia una bistecca con aggiunto il “gusto del proibito” non vedo il vantaggio.

      3 Febbraio, 2015
      Rispondi
      • Veganzetta ha scritto:

        Le esperienze raccontate da Priscilla sono molto importanti.
        Ci fanno capire esattamente quali siano i rischi del veganismo consumistico, del veganismo capitalista, e del consumismo in senso lato.
        Credere che alla crescita dei prodotti vegan nei supermercati corrisponderà una crescita dell’etica del rispetto degli Animali è una pia illusione.
        Il mercato – che risponde a delle leggi e a una morale che come antispecisti non ci appartengono – non può e non deve comprendere la morale altrui, semplicemente la usa, la stravolge, la reinterpreta e la traduce in prodotti, beni e servizi da vendere.
        Una società capitalistica e consumistica vegan non può essere altro, perché il modello è il medesimo di una società capitalistica e consumistica non vegan. Lo stravolgimento del concetto di “biologico” è un esempio lampante di quanto detto: ormai il biologico è stato sdoganato come segmento di mercato, aziende di grandi dimensioni che rispondono alle logiche della grande distribuzione, producono in modo estensivo prodotti bio a prezzi bassi costringendo i piccoli produttori che credevano davvero nel messaggio del biologico a vendere l’attività o a chiudere.
        Tutto ciò senza che vi sia stato un reale cambio dell’approccio delle persone al concetto di biologico.
        IL veganismo consumistico può andare bene per chi si avvicina al veganismo e ha bisogno di surrogati, di aiuti, di prodotti facili da trovare e utilizzare per compiere i primi passi. Chi è già vegan e lo è per motivi etici dovrebbe tenersene ben distante, perché essi rappresentano la banalizzazione assoluta del messaggio etico veicolato dal veganismo: la sua morte.
        Come ben raccontato da Priscilla il prodotto non reca in sé un messaggio preciso e lo si può tranquillamente usare con altri prodotti non vegan. Il veganismo attualmente è una moda, ma lo è alla stessa stregua della cucina orientale, messicana o del fast food: non deve veicolare messaggi a cui aderire, è solo una delle tante opzioni. Il mercato crea opzioni, scelta, diversifica i prodotti per accontentare chi compra e consuma. Il mercato vegan non nasce per considerare gli Animali, ma per accontentare le persone vegan che li acquistano. Si sta riducendo la portata dell’idea vegana a una mera produzione di prodotti, ma essa originariamente comporta una forte critica alla società, critica che viene meno nel momento in cui chi la dovrebbe perseguire, la dimentica in cambio di una serie di comodi prodotti e servizi rientrando nelle logiche di mercato da cui avrebbe dovuto uscire.
        Non comprendere tutto ciò significa semplicemente non voler guardare in faccia alla realtà. Questo non significa boicottare di punto in bianco completamente i supermercati o i prodotti vegan, ma non dimenticare mai cosa essi sono e rappresentano cercando di costruire nel frattempo soluzioni sostitutive.
        Una crescita culturale e morale non può essere innescata da una legge calata dall’alto che obbliga le persone, né da dei prodotti offerti dal mercato che lusingano consumatori e consumatrici.
        A Priscilla si può solo dire che deve dare l’esempio a sua figlia, essere decisa e serena, non imporre ma nemmeno transigere e passare più tempo possibile con lei. I modelli comportamentali che la bimba apprenderà saranno quelli delle persone con cui passa più tempo.

        12 Febbraio, 2015
        Rispondi
  12. Roberto Contestabile ha scritto:

    Condivido assolutamente il pensiero di Veganzetta, ed ecco perché la presa di posizione da parte di chi vuole promuovere con urgenza una veganismo etico antispecista è assolumente lontana da un consumismo forse solo all’apparenza salutista, ma non effettivamente completo nella sua naturalezza. Non dimentichiamoci che molti di questi prodotti veganizzati, sempre più presenti negli scaffali della grande distribuzione, sono in realtà dei surrogati vegetali che nulla hanno da condividere con alimenti crudi e privi di ogni tipo di additivo o pesticida…per intenderci il vero ed autentico cibo crudo biologico a filiera corta o autoprodotto. La grande distribuzione ha devastato il commercio alimentare nazionale, regionale, provinciale e rionale…importando un sistema di mercato, sicuramente di matrice americana, che costringe i consumatori a districarsi tra assortimenti sempre più complessi, ammiccanti e fasulli oltre che totalmente non nutrienti ed assolutamente carnisti nella loro origine. I nostri genitori mangiavano carne una volta alla settimana, se andava bene e se potevano permetterselo, oggi carne, salumi e latticini sono presenti in abbondanza sulle tavole della stragrande maggioranza dei consumatori, i quali non immaginano neanche lontanamente l’origine dello sfruttamento ad essi collegato. Attualmente a livello globale esiste una speculazione, una corruzione e uno sfruttamento senza precedenti appartenente ad un mercato della carne dai connotati infernali. Bovini, Suini, Ovini, Galline, Cavalli…acquistati in grossissimi stock a prezzi bassissimi! (anche 2 euro al kg per essere rivenduti a 10, 20, 30 euro al chilogrammo!) Come abbiamo potuto trasformare un essere vivente senziente in un prodotto commerciale venduto un tot. al kg?! Un sistema capitalista basato sulla competizione altro non può provocare che simili effetti. Ecco perchè il vero cencetto etico vegan deve essere sdoganato da un salutismo solo all’apparenza o inizialmente utile ad una profonda presa di cosacienza. Bisogna far capire alle persone che la salute e il benessere umano è importante tanto quanto quello degli Animali, escludendo pertanto ogni uso e consumo specista e coinvolgendo ogni settore produttivo esistente. Non è facile se si osserva lo stato attuale delle cose, ovvero un soddisfacimento personale generatore di profitto. Non è facile perchè il cambiamento radicale deve avvenire per gradi, nel tempo, con fermezza ed audacia. Ma deve provenire dal basso, dall’interno, da una presa di coscienza personale. La condivisione e il dialogo sono molto importanti perchè generano informazione. Informazione giusta e corretta se diffusa nel modo giusto e con i mezzi giusti. La mente umana è facilmente condizionabile da eventi esterni, non si spiegherebbe un successo carnista tanto negativo e distruttore. Perchè dunque non immaginare ed ottenere un mondo alla rovescia?

    12 Febbraio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Perché invece di coinvolgere il settore produttivo esistente non si potrebbe pensare di costruire delle alternative ad esso mediante la riscoperta di buone pratiche come l’autoproduzione, i piccoli mercati locali, le esperienze produttive collettive e di condivisione etc.?
      Il settore produttivo esistente al massimo potrebbe “rincorrere” cercando di adeguarsi a chi un passo alla volta se ne allontana.

      12 Febbraio, 2015
      Rispondi
  13. Paola Re ha scritto:

    Anch’io ho letto con interesse l’esperienza di Priscilla, soprattutto perché sono stata protagonista di un processo inverso, nel senso che, fin da piccola, volevo “veganizzare” la mia famiglia in cui si mangiavano animali tutti i giorni (purtroppo non come dice Roberto una volta alla settimana) e se non erano animali, erano latticini; inoltre mia mamma era artigiana che lavorava (in casa!) pelle, renna, camoscio, tapiro, cuoio; e mio padre aveva una “passione” per gli animali imbalsamati, quindi sono cresciuta con uno scoiattolo, un gabbiano, un piccione, un fagiano, un gufo imbalsamati.
    Ero sola contro tutti e sono rimasta tale. Le persone della mia famiglia erano quelle con cui passavo più tempo eppure non ho appreso i loro modelli comportamentali, anzi, li ho contestati tutta la vita e ancora lo faccio. Non so se sia utile la quantità di tempo da passare con un figlio o una figlia: sicuramente contano le argomentazioni che si portano, il carisma che si ha, l’affetto che si trasmette. Un figlio o una figlia, quando inziano a conoscere le persone adulte, si fanno un’idea un po’ più “variegata”: non esistono solo mamma e papà e se arrivano persone adulte carismatiche, ci vuole un attimo a seguirle. Accanto alle persone adulte ci sta sempre il gruppo dei coetanei che esercita la sua buona parte di influenza.

    12 Febbraio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Paola la tua esperienza di “veganizzatrice” è comune a molte/i di noi purtroppo: non è assolutamente facile affrontare determinati argomenti in ambito familiare, anzi è proprio dalla famiglia che si possono avere i maggiori problemi e le più forti resistenze. In ogni caso c’è da tenere in considerazione il tuo ruolo di figlia che ha tentato di far assimilare dei valori ai propri genitori, cosa ben difficile, mentre Priscilla, in quanto madre, potrebbe avere maggiori possibilità. Non è detto che ci riesca, le influenze esterne man mano che sua figlia crescerà saranno sempre più forti, ma per ora pare che la questione sia relegata più in ambito familiare che altro e in tal caso è indispensabile far valere e proprie ragioni in tema di educazione.

      12 Febbraio, 2015
      Rispondi
  14. paoloTT ha scritto:

    In “ Impotenza della Rinuncia” un aforisma apparso in Crepuscolo ( appunti presi in Germania tra il 1926 e il 1931 ) il pensatore ( e più tardi esule ebreo in fuga dai nazisti ) Max Horkheimer scriveva:
    Se non sei tagliato per il lavoro politico, saresti sciocco a pensare che ciò nonostante il tuo volger le spalle alla macchina generale dello sfruttamento potrebbe significare qualcosa. Il tuo rifiuto di profittare d’ora innanzi della grande tortura cui sono sottoposti uomini e animali, la tua determinazione di rinunciare alla comodità e alla sicurezza, non risparmierà sofferenza a nessun uomo e a nessun animale. Non puoi riprometterti neppure di far si che un numero sufficiente di altri uomini imitino efficacemente il tuo modo di agire; nella storia moderna la propaganda della rinuncia personale, della purezza individuale è sempre servita ai potenti per trattenere le loro vittime da azioni pericolose, ed è costantemente degenerata in settarismo. La costante riduzione della miseria è il risultato di lunghe lotte storiche di portata mondiale, le cui tappe sono contrassegnate da rivoluzioni riuscite e mancate. La partecipazione attiva a esse non è resa possibile dalla compassione, ma dall’intelligenza, dal coraggio, dalla capacità organizzativa; ogni successo comporta il pericolo di terribili contraccolpi, di nuova barbarie, di accresciute sofferenze, Se ti mancano quelle qualità, non hai alcuna possibilità di aiutare la generalità ( e, ci permettiamo di aggiungere noi, di promuovere un cambiamento permanente negli usi e nei costumi ). Tuttavia la consapevolezza dell’inefficacia della rinuncia individuale non fonda o giustifica affatto il contrario: la partecipazione all’oppressione, essa significa soltanto che la sua purezza personale è irrilevante ai fini della trasformazione reale: la classe dominante non ti seguirà. Ma può succedere che , pur non disponendo di una motivazione razionale, tu perda ogni gusto alla comunanza con i boia e rifiuti l’invito …( a collaborare con questi )…

    Ecco, gli illuminanti contenuti espressi da Horkheimer 75 anni fa oltre che ad essere ancora attuali in un discorso di critica radicale all’odierna società dei consumi di massa ci sembrano anche calzante alla discussione in corso.

    14 Febbraio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Caro Paolo davvero un ottimo commento il tuo e un’ottima citazione che merita di essere sottolineata con un articolo apposito che sarà pubblicato a breve.

      14 Febbraio, 2015
      Rispondi
  15. Cinzia ha scritto:

    Vorrei scrivere anch’io alcune considerazioni a Priscilla.
    Ho un figlio di 17 anni che da un anno a questa parte ha ricominciato a nutrirsi di carne. All’inizio si vergognava quasi a dirmelo, probabilmente aveva paura di ferirmi.
    Ma in una fase della vita dove il gruppo amicale è’ fondamentale, e i principi degli adulti sono doverosamente criticabili credo sia anche sano che ci siano prese di posizione cosi’ distanti da quello che abbiamo trasmesso noi genitori.Gli adolescenti devono distruggere quello che è’ stato loro “insegnato” per poi ricostruire e ricostruirsi. Il senso critico è’ la base del mio essere antispecista, l’ho costruito negli anni e continuo ad alimentarlo e a impararlo. E credo che la scelta di mio figlio faccia parte della sperimentazione del “suo” senso critico, vuole crescere e scegliere con la sua testa.
    In casa nostra comunque il cibo resta vegano, se vuole nutrirsi di carne se la può’ cucinare lui. È’ un compromesso che rispetta entrambe le parti. E se un giorno deciderà’ di ritornare vegano sara’ una scelta personale e più’ radicale.
    Ci sembra di aver sbagliato qualcosa, ci sentiamo messi in discussione ma credo che per aiutarli a crescere dobbiamo anche metterci in gioco su quello che crediamo fondamentale per noi. Insomma farci bastonare, leccarci le ferite e rialzare la testa ( ironicamente parlando….ma non troppo!).
    E poi come dice Paola, non siamo stati anche noi dei figli controcorrente che non volevano nutrirsi di carne?
    E i nostri genitori si saranno chiesti: ma dove ho sbagliato? Perché’ ho una figlia/figlio tanto strano che non vuole mangiare gli animali? Buona fortuna Priscilla.

    15 Febbraio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Cara Cinzia,
      L’atteggiamento di tuo figlio fa parte del gioco delle parti: i figli si ribellano alla visione della vita dei genitori, vissuta come imposizione, e cercano di essere accettate/i dal gruppo amicale che è il centro del loro universo. Tutto ciò è assolutamente normale. Il principio di distruzione e ricostruzione è altrettanto normale, ma non scontato: vi sono figli che accettano supinamente le volontà dei genitori, altri che distruggono e non ricostruiscono mai più, altri ancora che seguono la strada che tu hai indicata nella ricostruzione e nel recupero di determinati valori in età adulta. Le giovani generazioni attuali sono molto deboli e fragili, sono caratterizzate da un’insicurezza di fondo molto marcata e da un’ignoranza abissale. Non che noi alla loro età fossimo molto meglio, ma è un dato di fatto che stiamo vivendo un’era di quasi assoluto buio culturale. Gli adolescenti, pertanto, si ritrovano in una situazione per noi inedita: hanno a disposizione mezzi tecnologici e disponibilità economiche per noi inconcepibili alla loro età, ma non sanno che farsene (giustamente) e non ne traggono alcun vantaggio a causa della velocità con cui passano mode, informazioni, idee, tendenze e tutto si consuma e si brucia.
      Ciò che dovrebbe fare un genitore è divenire un punto fisso in questo mare magnum di incertezze. E tu puoi esserlo con la tua etica e la tua visione della vita.
      Se tuo figlio vuole mangiare la carne, che lo faccia pure: non puoi e non devi impedirglielo, anche se ciò ti procura dolore e delusione, ma non lo deve fare nella vostra casa.
      La tua casa, la tua famiglia, la vita vita sono permeate della tua visione del mondo, sono state create da te, e lui non ha diritto di importi la sua decisione come tu non hai diritto di imporgli la tua. Se vuole cibarsi di Animali che lo faccia con gli amici, fuori di casa, lontano da te e da ciò che tu rappresenti. Questo non per rispetto a te, ma per rispetto all’idea che tu abbracci. Solo così potrai fornirgli un esempio di coerenza.

      18 Febbraio, 2015
      Rispondi
      • Paola Re ha scritto:

        Ricordo che quando ero piccola mi infastidivo nel sentirmi ripetere dai genitori che quella in cui vivevamo era casa “loro”, solo per il fatto che avevano i mezzi economici per sostenerla e io no. Secondo me una casa è anche di figli e figlie. Ovvviamente mi infastidivo ancora di più quando insistevano con l’imposizione dei loro princìpi specisti.
        Nel caso di Cinzia, se ci sono genitori che non vogliono mangiare animali ma figlie e figlie che vogliono mangiarli, una via di mezzo potrebbe essere quella di lasciare che figli e figlie mangiassero animali fuori casa ma non perché la casa è dei genitori quindi terreno off limits. Se io fossi genitore, proprio perché ricordo le mie sensazioni di bambina, insisterei sul fatto che mangiare animali è mostruoso dentro o fuori casa. E’vero che ci sono buone probabilità che così si ottenga l’effetto contrario ma non riesco proprio a parlare di “libera scelta”. Quando i miei genitori rivendicavano la loro libera scelta di mangiare gli animali (mentre a me negavano la scelta contraria) non accettavo la loro cecità davanti all’orrore. Ancora adesso non accetto la scelta dell’orrore, soprattutto se è fatta dalle persone che amo. So che un figlio e una figlia non si possono certo costringere con la violenza fisica a fare certe scelte ma non ridurrei il discorso a quello della scelta.
        Sono questioni complicate, lo so, e non invidio le famiglie che devono affrontarle.

        18 Febbraio, 2015
        Rispondi
        • Veganzetta ha scritto:

          Il commento precedente non intendeva sottolineare la questione della casa come proprietà – un aspetto assolutamente sbagliato e diseducativo – , ma la casa e il nucleo familiare come microcosmo dove i figli crescono, con la sua importanza e con le sue visioni, esattamente come gli altri microcosmi: amicizie, ambiente di studio, lavoro. Ogni ambiente influenza la mente dei giovani e li indirizza. Acconsentendo al consumo di carne in famiglia si fornirebbe un messaggio sbagliato: fai la tua scelta, ma io non me ne rendo partecipe. Il rifiuto di cibarsi di carne, come il rifiuto in generale di sfruttare gli Animali e in definitiva i più deboli, non può essere una scelta, altrimenti anche il fascismo, il nazismo, lo schiavismo, il razzismo potrebbero essere concepiti come scelte individuali e quindi tollerate. Il rifiuto di sfruttare gli altri è un obbligo morale, è quindi ben altra cosa. Se noi siamo convinti di questo non possiamo transigere e accettare che i nostri figli si cibino di carne. Certamente non possiamo costringerli con la forza a non cibarsene, ma nemmeno far passare l’idea che loro ne abbiano il diritto. Chiaramente all’esterno potranno fare ciò che desiderano, ma senza la nostra complicità economica, personale, morale, senza la nostra tolleranza degradando il loro comportamento a scelta individuale, perché purtroppo per il quieto vivere troppo spesso è questo ciò che accade.
          Se è vero che le colpe dei padri (e delle madri) non devono ricadere sui figli, è allo stesso modo vero che i figli hanno le loro dirette responsabilità morale e a loro non è tutto dovuto e se anche un bimbo comprende che mangiare la carne significa uccidere un Animale, allora non si capisce per quale motivo un adolescente non possa comprenderlo o, peggio, possa ignorarlo deliberatamente.
          I regimi sanguinari come quello nazista o stalinista, hanno rappresentato il prodotto di un’educazione capillare e continua dei giovani sin dalla tenera età in famiglia, a scuola, al lavoro, nel tempo libero, all’odio. Non si comprende perché si possa educare un giovane alla violenza e all’ingiustizia e non lo si possa educare alla non violenza e all’empatia. Non è possibile rispettare il diritto altrui a fare dei più deboli ciò che desidera.
          Tu Paola non accettavi la loro “cecità davanti all’orrore” ed è giusto così, perché la si dovrebbe accettare loro perché chi è colpito da tale cecità è nostro figlio?

          18 Febbraio, 2015
          Rispondi
          • Paola Re ha scritto:

            Sì, ho capito che la casa era intesa come nucleo familiare ma spesso i genitori rinfacciano a figli e figlie la dipendenza economica e su quella si fanno forza proprio per affermare la loro supremazia in casa. Inoltre, un figlio e una figlia che vogliono mangiare (e aggiungo indossare) animali, purtroppo lo fanno col sostegno economico dei genitori (la paghetta…) che non li mangiano e non li indossano. E’ una specie di labirinto da cui è difficile uscire. Pare che la sola soluzione possibile sia l’educazione ma è anche la più improbabile a essere applicata. Il sistema è troppo marcio e sono pochissime le famiglie che prendono l’educazione davvero sul serio: spesso essa è un insieme di scaricabarile tra famiglia, scuola, amicizie, parenti, palestra, parrocchia, circolo, bar eccetera… con i risultati che abbiamo sotto gli occhi.

            18 Febbraio, 2015
            Rispondi
            • Veganzetta ha scritto:

              Purtroppo ciò che dici è vero Paola.

              18 Febbraio, 2015
              Rispondi
  16. Priscilla ha scritto:

    Che bello tornare qui e trovare tante interessanti riflessioni suscitate dal mio messaggio!
    Riguardo ai nostri figli:ognuno ha la sua storia familiare, ed io non sono neppure ferita dal fatto che la mia splendida figlia adesso si mangi i wustel e visiti l’acquario.
    Io sono ferita dal “si, vabbè. avrai pure ragione, ma che palle!”
    E qui non c’entra la ribellione verso la madre, perchè dire “hai ragione ma che palle” è una ribellione ridicola. Non voglio sminuire le opinioni della mia bambina per partito preso. Assolutamente. PErò “che palle” non è un opinione. Eppure fondamentalmente è la parola che più spesso mi viene gettata in faccia e non solo certo da mia figlia. E’ un gigentesco “che palle” che mi insegue.
    Che c’entrano le offerte del supermercato? Mah, il fatto che essere vegani nell’alimentazione sia senz’altro progressivamente sempre più facile, fa si che le cose difficili saranno sempre di più un “che palle”.
    Sai quante coscienza si lavano con un litro di latte di soia ad 1 euro in offerta? Parecchie!!!

    18 Febbraio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Ciao Priscilla hai perfettamente ragione.
      Il “che palle” deriva da un atteggiamento classico dei figli nei confronti dei genitori (vedi commenti già pubblicati), ma anche da una precisa tendenza della società a rendere semplice la vita a chi non si pone domande: non serve pensare, serve aderire acriticamente. Il “che palle” diviene quindi il motivo ricorrente non solo per i giovanissimi, ma per tutti a prescindere dall’età. Il disimpegno, la deresponsabilizzazione, l’incoerenza e la volubilità sono caratteristiche fondanti del moderno cittadino-consumatore, anche se è un consumatore vegan, anzi si potrebbe dire soprattutto se è un consumatore vegan.

      Suggerimento: selezionate l’opzione “Servizio di notifica commenti” quando rispondete a un commento, in tal modo se vi saranno altri commenti all’articolo sarete avvisate/i via email.

      18 Febbraio, 2015
      Rispondi
  17. Cinzia ha scritto:

    Scusate se intervengo ancora, ma sento molto questa tematica, primo perché’ sono genitore è secondo perché’ sono educatrice e per molti anni ho lavorato proprio con gli adolescenti.
    Educare/educere: tirare fuori. Questa è’ la base della relazione educativa, ricercare canali di comunicazione e attivare un processo che porta l’ “educando” ad una sua analisi personale.
    Gli adolescenti di questo secolo attraversano gli stessi sconvolgimenti emotivi e strutturali di quegli adolescenti con cui ho lavorato 25 anni fa’ è che rivedo in mio figlio.
    Non credo sia positivo crescere dei soldatini con una cultura antispecista che non ne hanno condiviso la radice.
    I ragazzi di oggi hanno si’ una tecnologia è una disponibilità’ economica molto diversa dalla nostra, ma non vediamoli come marionette idiote.
    Insisto, il senso critico, l’abitudine al farsi domande questa è’ l’educazione da proporre, aspettando che il messaggio sia elaborato è fatto proprio.
    Mio figlio è’ cresciuto raccogliendo con me i lombrichi dall’asfalto per non farli morire. Adesso vuole capire perche’ lo facevamo ma DA SOLO. Vuole essere individuo diverso da me.
    Certo è’ circondato da una società’ che propone ben altri modelli, ma so’ che farà’ le scelte giuste e che non sarà’ un soldatino ne’ in un senso ma nemmeno un soldatino antispecista che non si chiede il perché’ di questa scelta. Non pensiamo di essere stati adolescenti migliori e più’ motivati perché’ più’ politicizzati. Anche le nostre scelte di oggi derivano da un percorso fatto di errori, scontri e domande. Insegnamo prima di tutto a pensare e a scegliere, se vogliamo veramente un cambiamento radicale. E scazziamoci piuttosto con loro, ma lasciamo che imparino a scegliere, a criticare e a lottare. Non creiamo nuovi modelli alternativi perché’ sarebbero effimeri e poco rivoluzionari

    18 Febbraio, 2015
    Rispondi
    • Veganzetta ha scritto:

      Cara Cinzia,
      Nessuno ha scritto che ci debbano essere soldatini antispecisti: significherebbe la totale sconfitta dell’idea antispecista.
      Si è solo scritto che se la visione del mondo di un individuo scaturisce dalle sue esperienze personali con genitori, famiglia, scuola, ambiente di lavoro, ambiente amicale e società in senso lato. Non si capisce per quale motivo non si debba in qualità di genitori antispecisti veicolare la nostra visione del mondo ai nostri figli. I ragazzi di oggi non sono marionette idiote, non sono né meglio né peggio dei loro coetanei di 30 anni fa, hanno però a disposizione mezzi molto avanzati ai quali non corrisponde una volontà di scoprire e di capire di pari valore, ma semplicemente una volontà di possedere e di usare. Lo stesso capita agli adulti, questo perché è la nostra società che lo esige; quindi se oggi c’è la possibilità di comunicare con gli altri che 30 anni fa non esisteva, essa nella stragrande maggioranza dei casi è utilizzata per motivi futili e/o stupidi perché la facilità con cui si può comunicare attualmente banalizza ogni tipo di comunicazione.
      Un adolescente di 30 anni fa se intendeva parlare al telefono con una persona doveva adoperarsi per chiamarla da un telefono fisso privato, o da una cabina telefonica – forse avrebbe dovuto percorrere della strada per raggiungere una postazione telefonica, forse alla fine la persona da raggiungere non l’avrebbe nemmeno trovata a casa – ciò implicava una volontà ben precisa, rappresentava uno sforzo o un’attività che testimoniavano l’intenzione di comunicare e che avrebbero reso la comunicazione importante, oggi tutto questo non esiste e la possibilità di comunicare con tutti e di avere tutto immediatamente e senza sforzo ha svuotato di significato ogni azione e relazione: nulla è più importante. Questo è solo un esempio, lo stesso criterio lo si potrebbe adottare per la questione della carne: se un adolescente proprio vuole mangiare carne che si adoperi attivamente per farlo, che se ne assuma la responsabilità, che ne comprenda il peso e la gravità e ciò non significa aprire il frigo di casa e trovarla già acquistata e disponibile. Mancando momenti di approfondimento, di riflessione, momenti in cui ci si ferma a pensare, è compito anche dei genitori crearli e far capire loro che determinate cose sono importanti, sono serie. Ciò non significa affatto non lasciare che loro crescano, ma solo cercare di veicolare dei messaggi che possono essere utili: il senso critico lo si apprende, ci dovrebbe essere qualcuno però disposta/o a insegnarcelo.

      19 Febbraio, 2015
      Rispondi
  18. Paola Re ha scritto:

    Cara Cinzia, ti capisco, non perché sono genitore ma perché sono stata educatrice per otto anni e ho lavorato con minori dall’asilo nido ai 17 anni. Tu hai sicuramente una marcia in più perché sei mamma. Come te penso che non sia utile crescere “soldatini antispecisti” ma credo che questo non accada mai. I genitori intenzionati a crescere figli e figlie con questi princìpi spiegano sempre i loro motivi. Sono gli altri genitori che non li spiegano, crescendo “soldatibi specisti”. Hai mai ascoltato certe risposte? “Devi mangiare la carne altrimenti non cresci… altrimenti ti ammali… perché si è sempre mangiata… perché la catena alimentare è così…” e via con le frottole senza fondamento. Non ce n’è uno che spieghi l’orrore della carne, salvo che sia un genitore antispecista. Se un genitore spiegasse a un figlio o a una figlia che quella cosa che ha nel piatto è il risultato di un crimine, ecco che arriverebbero i problemi. Ma un genitore di problemi ne vuole meno possibile. Il senso critico di cui parli tu è importantissimo e ti faccio molti auguri leggendo a proposito di tuo figlio “so’ che farà’ le scelte giuste”, sperando che il senso critico in tuo figlio lo porti davvero sulla tua strada perché ciò significherebbe vedere l’insegnamento di sua madre come il più valido. Potrebbe anche accadere il contrario, cioè che tuo figlio ritenesse alquanto idiota una madre che gli ha fatto raccogliere dall’asfalto dei viscidi lombrichi.
    La sola cosa su cui non sono d’accordo con te è: “Non creiamo nuovi modelli alternativi perché’ sarebbero effimeri e poco rivoluzionari” perché penso proprio che questi modelli debbano essere creati. Lo penso a tal punto da essermi creatia da sola il mio modello a circa tre anni, quando ho iniziato a non volere più mangiare gli animali. E’ un modello alternativo che per gran parte della gente è nuovo ma per me è già vecchio.

    19 Febbraio, 2015
    Rispondi
  19. Cinzia ha scritto:

    Hai ragione, Paola, con quel “so che mio figlio farà’ le scelte giuste” sono stata pretenziosa. È’ solo la mia speranza. I nostri figli faranno scelte che magari saranno tanto lontane da noi.e noi continueremo Ad essere delle vecchiette rintronate che raccolgono lombrichi.
    ciao

    19 Febbraio, 2015
    Rispondi
  20. Paola Re ha scritto:

    E non solo lombrichi! Cimici, scarafaggi, ragni, mosche… gli ultimi e le ultime del mondo! Siamo rintronate ma nel giusto!
    Comunque non sei stata pretenziosa: sei una mamma che vede e spera il meglio per suo figlio.

    19 Febbraio, 2015
    Rispondi
  21. Roberto Contestabile ha scritto:

    Ho letto tutti i commenti con molta attenzione e, non essendo un genitore, non era mia intenzione intervenire oltre a quanto già detto…ma voglio aggiungere solo un pensiero.
    Oggi è vero, nell’epoca più gloriosa dell’informazione tutti hanno a disposizione, se solo lo volessero, mezzi altamente sofisticati per studiare, capire e divulgare ogni tipo di notizia. Giusto…se solo lo volessero! Avviene molto spesso invece che ciò che si ritiene debba essere diffuso, letto o ascoltato sia ben oltre un concetto di profonda eticità. Si osserva purtroppo ad una mistificazione della realtà e ad un induzione troppo spesso sbagliata e fuorviante, alle volte molto crudele e negativa. In passato si assisteva o si subiva un ignoranza altalenante o controproducente o non sufficientemente recepita come dannosa. Oggi sembra tutto in discussione, tutto criticabile, tutto da bannare o condannare, e spesso chi si batte per una causa giusta, come appunto l’antispecismo, si ritrova davanti barriere culturali e sociali molto dure da scardinare. Tutto il lavoro estenuante fatto negli anni e nei secoli di un antropocentrismo monolite, oggi appare come un alta montagna da scalare con forza e determinazione.
    Quindi, per non uscire fuori tema, io credo che ai nostri, probabili o certi, figli dovremmo insegnarli o inculcarli una sensibilità profonda che possa farli intenerire e emozionarsi anche di fronte ad una piccola vita come può essere un fiore o un insetto. Questo non è segno di debolezza, come molti machisti potrebbero gridare. Anche perchè il machismo stesso altro non è che simbolo macabro dell’antropocentrismo. Questo invece credo sia molto importante, perchè aldilà della nostra cultura, istruzione, ricchezza finanziaria…ognuno di noi pensa ed agisce in base ad un contesto o ambiente specifico. Spesso questo luogo può essere la propria casa e l’affetto dei propri cari, può essere la scuola nel caso di bambini e ragazzi, o il lavoro o altri luoghi di aggregazione nel caso specifico degli adulti…quelli che in realtà oggi contribuiscono personalmente e pesantemente sulle scelte giuste o sbagliate di una consapevolezza umana.
    La presa di coscienza è strettamente personale, è vero, ma chi ha un ànimo buono e gentile, a seguito di un educazione positiva nell’interagire con l’ambiente esterno, chi non ha subito (buon per lui) traumi o violenze psicofische, chi probabilmente è stato donato di una sensibilità meravigliosa che può fargli scoprire e vedere il Mondo sotto un altro aspetto…probabilmente lui, bambino/a, ragazzo/a o uomo/donna che sia…può fare la differenza verso una vera ed autentica realtà antispecista.

    19 Febbraio, 2015
    Rispondi

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