Categoria: <span>Antispecismo</span>


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Decrescita e antispecismo: due compagni di strada

Vivere la decrescita: un libro per una decrescita antispecista

Crescita illimitata (della produzione, dei consumi, della popolazione, dei territori occupati, di tutto) come pratica dominante nelle attuali società  industrializzate e specismo, o antropocentrismo (e in generale visione gerarchica dei rapporti fra i viventi), come visione del mondo nata per giustificarla: sono due pezzi di un’unica cosa, di un unico meccanismo che, oggi come non mai, ha raggiunto livelli estremi di efficienza e devastante attivismo.

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Continuiamo la trattazione dell’articolo “a puntate” La lontananza uccide? Diritti animali e compassione di Filippo Trasatti inaugurato lo scorso numero. Buona lettura.


La lontananza uccide? Diritti animali e compassione (seconda parte)

Le operazioni del diritto

Il diritto, come creazione culturale umana, è necessariamente antropomorfico e antropomorfizzante nella misura in cui è il risultato di un punto di vista umano sul resto del mondo. Una parentesi breve a proposito di antropomorfismo. Vinciane Despret lo ha definito ironicamente il peccato capitale per lo scienziato, il più grave peccato dopo la mela di Adamo. Forse bisogna ammettere che ci sono gradi diversi e sensi diversi in un approccio antropomorfico*.

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Ogni percorso finito ha un suo punto di partenza ed un suo arrivo. Non fa eccezione la filosofia antispecista che come punto di arrivo ha la liberazione animale (umana e non) e di conseguenza una nuova società  umana libera, solidale ed egualitaria. Disquisire sul percorso e sul suo arrivo è già  un esercizio arduo, ma risulta impossibile se viene a mancare un requisito fondamentale: una partenza comune. Fuor di metafora ci preme come redazione della Veganzetta affrontare il tema delle radici comuni del pensiero antispecista, radici assai complesse e variegate, ciò perché senza una solida base da cui partire ogni sforzo per avanzare risulterebbe vano, e quanto sta accadendo, e quanto è accaduto di recente, lo dimostra.
Individuare un’unica origine generatrice dell’antispecismo non è possibile, proprio per il fatto che risulta chiara una sorte di commistione tra diverse anime e visioni a volte tra di loro anche poco compatibili. Storicamente si può ricondurre la nascita ufficiale del pensiero antispecista agli anni ’70 del secolo scorso, e precisamente al 1970 quando Richard D. Ryder, uno psicologo inglese, conia il termine “specismo”1. Analizziamo però una considerazione dalla quale si è evoluto molto del sentire comune antispecista:

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Si propone un interessante articolo “a puntate”: La lontananza uccide? Diritti animali e compassione di Filippo Trasatti. Di seguito la prima puntata. Buona lettura.


Breve premessa

Forse non è inutile per cominciare a parlare di diritto e diritti, evidenziare un’ambiguità semantica per cui il diritto sembra confondersi con il giusto, che cela il fatto che il diritto e l’ordinamento giuridico possono essere criminali, come quando ammettono la pena di morte o come quando, nel caso che stiamo considerando, consentono il trattamento di esseri senzienti come cose, oppure quando consentono a banchieri e speculatori di affamare in un secondo decine di migliaia di persone con uno spostamento immateriale di investimenti.

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