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Se c’è ancora chi nutre dubbi sull’esistenza di un filo che accomuna la sofferenza degli Animali umani e non, è bene che rifletta su due episodi accaduti recentemente che hanno visto protagonisti due Primati, l’uno Umano e l’altro no.
Si legge sul La Stampa che a Medan, a Nord di Sumatra, un cucciolo di Orango è stato trovato chiuso in uno zaino e confiscato, evitando così di essere venduto nel commercio illegale degli animali esotici. L’Umano fermato per traffico illecito era pronto a venderlo a un prezzo che poteva raggiungere i 1300 dollari (circa 1200 euro). Dopo le indagini, è risultato che era già stato protagonista della vendita di molti altri Animali.
Trascorse un paio di settimane, è balzata alle cronache un’altra notizia. A Ceuta, città-enclave spagnola sulle coste del Marocco, un esame ai raggi x di un trolley rivela che all’interno c’è Adou Ouattara un bambino ivoriano di 8 anni. La ragazza marocchina di 19 anni che aveva con sé il trolley ha ammesso che per il trasporto ha ricevuto del denaro da Alì, un ivoriano con regolare permesso di soggiorno in Spagna, che poco dopo si è presentato alla frontiera e ha confessato di essere il padre del bambino e di avere cercato di farlo passare attraverso il confine in quel modo. Le disgrazie capitate alle due vittime sono diverse perché l’Orango doveva essere venduto come schiavo, mentre il bambino doveva ricongiungersi alla famiglia, ma non passa certo inosservato che i due individui hanno condiviso lo stesso “metodo” nel tentare di iniziare una nuova vita, migliore o peggiore che fosse. E forse hanno condiviso gli stessi pensieri mentre respiravano a fatica.
Chiudere due esseri senzienti in borse da viaggio, fa capire quanto sia facile equiparare un Animale, umano e non umano che sia, a una cosa. Non è questo a sorprendere perché ogni giorno in allevamenti e macelli gli Animali divengono cibo e indumenti da indossare, al circo, allo zoo, all’acquario sono oggetti da esibire, alle competizioni sportive sono macchine, nei laboratori scientifici sono un banco prova per ogni sorta di prodotto.
L’epilogo per entrambe le storie è positivo perché Orango e Umano sono usciti vivi da quella prigione che è stata cucita loro addosso per qualche ora.
Si è recentemente saputo che Adou ha ritrovato la madre Lucie, arrivata in nave da Algeciras al centro di accoglienza per i minori di Ceuta dove era stato accolto; gli sarà fornita la documentazione necessaria per andare con i genitori in Spagna. Il gesto del padre, perseguito per quella consegna illegale, era dettato da pura disperazione.
Forse questo è un caso in cui il fine giustifica i mezzi? Forse costituisce un precedente per un tacito via libera a inscatolare bambini e bambine per dare loro una vita migliore oltreconfine? In questo caso ad Adou è stato concesso il diritto di stare con la propria mamma, negato all’Orango, come a tanti cuccioli di Animali strappati all’amore materno anzitempo. Nel vedere la fotografia del bambino stipato in valigia c’è chi avrà fatto la solita stucchevole riflessione: “Neanche gli Animali si trattano così” o forse avrà definito Adou “trattato come un Animale”. Quando ci si lamenta del fatto che certi Umani siano trattati come Animali, si aziona un classico meccanismo di gerarchia delle oppressioni, per cui una crudeltà risulta più o meno accettabile di altre a seconda della vittima che la subisce: creare tale gerarchia pone le condizioni sufficienti affinché ogni oppressione sia possibile. Usare l’oppressione esercitata sugli Animali come termine di paragone per denunciare il trattamento degli Umani, equivale a legittimare tale oppressione. Poiché essere “trattato come un Animale” viene riconosciuto come qualcosa di inaccettabile, perché non decidere che nemmeno un Animale, debba essere “trattato come un Animale”?
Finché ci saranno Animali chiusi in valigia, non dobbiamo stupirci di trovare Umani che condividono la stessa sorte.
Paola Re
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Grazie Paola,
per chi non lo conoscesse aggiungo questo articolo di Leonardo Caffo, che riprende una delle riflessioni da te proposte.
http://www.liberazioni.org/articoli/CaffoL-02.pdf
Grazie. Non lo conoscevo. Come si legge dalle note dell’articolo, Caffo non è il solo a essersi occupato di certe espressioni linguistiche dure a morire. Purtroppo il linguaggio si sottovaluta ma una buona parte dello sfruttamento di esseri umani e non umani parte proprio da lì.
Mamma mia che forzatura questi collegamenti. Sempre peggio.
Ciao Maria,
Tu un confronto tra due esempi di un traffico di esseri senzienti (per motivi economici o per motivi legati a barriere istituzionali) lo trovi una forzatura?