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Interessante testo francese di Pierre Sigler sulle possibili strategie del movimento animalista. Nel testo si affrontano questioni di sicuro interesse e si suggeriscono soluzioni che vanno in direzioni chiaramente opposte a quelle percorse dalla maggior parte delle associazioni animaliste in questi anni. Con semplici esempi si dimostra quanto l’idea del veganismo a qualunque costo e per qualunque motivo, sia sbagliata e controproducente. Del resto, però, si evince dal testo un pesante limite dovuto al fatto che ancora si avanza una richiesta di abolizione dello sfruttamento animale. Il concetto di abolizione prefigura un referente istituzionale e/o politico a cui rivolgersi per chiedere un intervento abolizionista – legittimando il suo ruolo e l’attuale struttura gerarchica di controllo e governo della società umana – e un impianto legislativo da far osservare (con la forza): nulla di tutto ciò è accettabile in una prospettiva rivoluzionaria antispecista che intende cambiare profondamente la società umana.
Lo sfruttamento animale non dovrebbe essere abolito per legge mediante l’intervento delle istituzioni, ma dovrebbe essere e
liminato per volontà degli individui e della collettività che dovrebbero esercitare una pressione sempre maggiore sulla società fino a condurla a una crisi. La differenza tra “abolizione” e “liberazione” è marcata e sostanziale, ma ancora oggi ci si ostina a non considerarla: non si liberano gli Animali riformando la società umana attuale, ma destrutturandola. Quindi anche le strategie e di discussione pubblica proposte dal testo in questione risultano sbagliate (come del resto lo stesso concetto di “diritti degli Animali”).
Per l’abolizione del veganismo, per l’abolizione dello sfruttamento animale
Fonte: http://abolitionduveganisme.blogspot.ch/2013/03/pourlabolition-du-veganisme-pour.html
I. Introduzione
a. Gli animali non umani sono schiavi
Attraverso Darwin sappiamo che gli esseri umani non sono gli unici animali ad avere esperienze e interessi e a provare emozioni. Tuttavia, gli individui non umani restano fattivamente e giuridicamente una proprietà nelle nostre società speciste. Considerati come risorse, sono sfruttati per il loro latte e per le loro uova, vengono uccisi per la loro pelle, per la loro carne, o sono utilizzati come materiale biologico per gli esperimenti.
b. 99,8% della schiavitù animale = Alimentazione
Il numero di animali terrestri uccisi a scopi alimentari ammonta a 60 miliardi di individui. Gli animali acquatici sono «calcolati» in termini di tonnellate (circa 150.000.000 tonnellate all’anno) e il numero delle vittime in questo caso si aggira attorno ad 1 trilione di individui. Quindi, in tutto, arriviamo a 1.060.000.000.000 di esseri senzienti uccisi in un anno.
Facendo un confronto, l’industria della pelliccia uccide 60 milioni di individui (= 0,0057% del numero di vittime per il cibo) e la sperimentazione sugli animali genera ogni anno la morte di 300 milioni di esseri senzienti (= 0,028% del numero di vittime per il cibo).
II. Quali strategie sono utilizzate per abolire la schiavitù degli animali?
Innanzi tutto, analizzeremo la strategia utilizzata da movimenti sociali per ottenere un cambiamento e poi quella praticata dagli attivisti per i diritti degli animali fino ad oggi.
a. Strategia usata da movimenti sociali (Strategia del dibattito pubblico)
aa. Macchine per fare affermazioni
I movimenti sociali mirano a rivendicare delle affermazioni o a richiedere dei cambiamenti.
- Essi devono esprimere una richiesta: « Si deve abolire l’apartheid!» o «Chiediamo il diritto di voto per le donne! »
- Poi devono rendere questa affermazione il più visibile possibile nella società civile (con eventi, azioni, petizioni, dibattiti, ecc.);
- Esprimendo diffusamente l’affermazione o la richiesta, nasce un dibattito pubblico nella società e allora la rivendicazione diventa una questione pubblica.
E’ importante sottolineare come in questo caso sia ancora una minoranza ad esprimere la richiesta e, solo nel corso del dibattito pubblico (che può durare decenni), più l’argomento della richiesta viene espresso e discusso, più la minoranza si amplia, fino a diventare, infine, una maggioranza. Una volta giunti alla maggioranza, con il crescere del numero di persone che iniziano a rivendicare il cambiamento, diventa più facile che anche altri si avvicinino alla stessa rivendicazione.
Questo meccanismo è ben spiegato dallo studio psicologico del professor Asch.
bb. Lo studio psicologico del professor Asch
«Quale delle barre a destra è la stessa lunghezza di quella che si trova a sinistra?» Dipende…
In questo esperimento, vengono mostrate a 10 persone 3 aste tracciate su carta e viene chiesto quale delle tre sia uguale per dimensioni a una quarta. In realtà il vero oggetto dello studio è uno dei 10 partecipanti, in quanto 9 sono complici istruiti a dare una risposta sbagliata. Quando 9 partecipanti hanno dato la loro risposta, errata, il decimo soggetto si è comunque espresso, nella maggioranza dei casi, nella stessa maniera pensando che la maggioranza avesse ragione. Ma quando c’era almeno una persona a rompere l’unanimità dando la risposta corretta, è diventato più facile per il soggetto mettere in discussione ciò che ha detto la maggioranza e questo si è dimostrato più incline a rispondere correttamente. Se la pressione sociale generata all’unanimità è così forte per le questioni la cui soluzione può essere trovata utilizzando soltanto i nostri occhi, si può facilmente intuire come lo sia in maniera ancora maggiore per questioni di giustizia sociale, che richiedono una riflessione. Una volta che una richiesta per l’abolizione di una pratica inizia a diffondersi in una società, il consenso sulla legittimità di quella pratica si crepa e questa inizia a essere percepita come problematica. Per gli altri diventa così più facile non adeguarsi alla maggioranza e schierarsi per la sua abolizione. Pertanto, si può facilmente comprendere come nell’esprimere e rendere pubblica una affermazione o una richiesta creando dibattito pubblico, i movimenti sociali sfruttino appieno l’effetto benefico dovuto alla rottura dell’unanimità.
b. Strategia degli attivisti per i diritti degli animali (Strategia di conversione)
Abbiamo visto come lo sfruttamento degli animali per la produzione di cibo costituisca circa il 99,8% della schiavitù degli animali. Eppure, su questo tema, gli attivisti per i diritti degli animali in tutto il mondo hanno usato fino ad oggi e in molti casi, la strategia della conversione.
Tale strategia consiste nel cercare di convertire quante più persone possibile al vegetarismo/veganismo senza creare un dibattito pubblico e senza precise rivendicazioni (come ad esempio «I macelli devono chiudere!»)
La convinzione che sta dietro all’utilizzo della strategia di conversione è questa: «Noi siamo solo una minoranza, quindi prima dobbiamo convertire molte persone al veganismo e solo dopo saremo in grado di creare un dibattito pubblico e di chiusura dei macelli».
- Eppure, stando a quanto abbiamo visto in precedenza, tutti i movimenti sociali sono solo una piccola minoranza nell’espressione delle loro richieste, anche per quanto riguarda i movimenti per l’abolizione della schiavitù umana;
- La conversione al veganismo è molto più difficile se non c’è alcun dibattito pubblico, perché si scontra con una pratica universalmente accettata, difficile da contestare (Study Asch)
I movimenti sociali non hanno mai utilizzato questo tipo di unica tattica. Infatti, anche quando è stato utilizzato il mezzo del boicottaggio, (che potremmo paragonare alla pratica del veganismo in quanto rifiuto a consumare prodotti di origine animale) questo si è sempre espresso con le dovute rivendicazioni allegate.
Esempi: Gandhi ha chiesto un boicottaggio di tessuti inglesi, ma ha argomentato chiedendo che l’India fosse indipendente ; Martin Luther King ha chiesto un boicottaggio del bus “Montgomery” accompagnandolo con la forte affermazione legata all’abolizione della discriminazione razziale.
A complicare ulteriormente la questione un fatto ormai chiaro: difficilmente il veganismo viene percepito dalla società civile come un boicottaggio politico, ma come una scelta personale. (vedi sotto).
La strategia della conversione non è utilizzata nei movimenti sociali, ma nei movimenti religiosi. Ma anche l’efficacia di questi ultimi è molto limitata: dopo duemila anni di utilizzo di questa strategia dal cristianesimo, la maggioranza degli esseri umani non è ancora una religione cristiana, nonostante i mezzi piuttosto cruenti utilizzati dai cristiani in diverse epoche per la conversione.
Quante migliaia di anni possiamo aspettare affinché con questa strategia si ponga fine alla schiavitù degli animali?
III. Conseguenze della strategia di conversione
a. Inefficienza
aa. Sguardo storico
Nella storia, nessun cambiamento è stato raggiunto attraverso la strategia di conversione. Quindi, sembra molto strano che il movimento per i diritti degli animali stia usando una strategia che non ha mai comportato alcuna trasformazione sociale invece di usarne una che ha già ripetutamente avuto successo.
bb. Sensibilità alla proporzione
Diverse ricerche dimostrano come la maggioranza delle persone preferisca tipi di interventi che assicurino una soluzione globale e non parziale. Per esempio, in uno studio pubblicato nel 2006, il professor Bartels ha constatato che un intervento che su 115 vite a rischio ne ha salvate 102, è stato giudicato più prezioso di un altro intervento che su 700 ne ha salvate 105, anche se il numero di vite salvate è più alto nel secondo caso.
Questo effetto psicologico di sensibilità alla proporzione è chiamato in inglese «proportion dominance» e Bartels ha dimostrato che il suo effetto è ancora più imponente relativamente alla conservazione delle risorse naturali o delle vite animali. Nel caso di inquinamento causato da due fabbriche, ai partecipanti allo studio è stato chiesto di scegliere tra due interventi che si escludono a vicenda. L’operazione sulla prima azienda prevedeva di impedire la morte di un totale di 245 pesci su un totale di 350 decessi previsti ed è stata considerata molto più importante di quella che avrebbe impedito la morte di 251 pesci su 980 morti previste.1
Immaginate che un vegano salvi la vita di 100 animali ogni anno. Considerando che il numero totale di animali uccisi ogni anno è di 1.060 miliardi, risparmiare la vita di 100 animali è considerato del tutto insignificante come risultato a causa del meccanismo in questione. Ecco perché molte persone non vogliono apportare modifiche alle loro abitudini alimentari e di consumo: sentono che la loro piccola azione individuale non cambierà le cose, non intaccherà il numero enorme di animali uccisi ogni anno.
Al contrario, se il rifiuto di consumare prodotti di origine animale venisse presentato come la partecipazione a un boicottaggio globale, parte di un movimento il cui obiettivo è quello di porre fine a tutte le 1.060 miliardi di uccisioni annuali, la gente avrebbe senza dubbio più propensione a partecipare.
cc. Canalizzazione di tempo ed energia
Il movimento per i diritti degli animali non ha un numero astronomico di attivisti e le nostre risorse sono limitate. Tuttavia, utilizziamo il nostro tempo ed energia per convertire uno per uno 6 miliardi non-vegani, senza nemmeno sapere se questa strategia avrà successo un giorno.
Se il nostro obiettivo è quello di cambiare la situazione per gli animali, dobbiamo dedicare il nostro tempo e le nostre energie alla strategia più efficace, quella che consenta di raggiungere l’abolizione dello sfruttamento animale appena possibile. In caso contrario, miliardi di animali soffriranno e moriranno per nulla.
Quindi, se vogliamo le nostre idee siano ascoltate nella società, in modo che sempre più persone boicottino i prodotti di origine animale e un giorno lo sfruttamento animale cessi di esistere, abbiamo bisogno di generare un dibattito pubblico senza passare per la strategia di conversione.
b. Questione di scelta personale
La strategia della conversione crea l’impressione, nell’opinione pubblica, che il veganismo sia una questione di scelta personale e non una questione politica: «Nello stesso modo in cui alcuni individui fra noi sono musulmani, altri sono vegani, ogni persona ha il diritto di fare quello che vuole».
Ovviamente, la decisione di non mangiare un altro individuo nel caso del veganismo non è assolutamente una questione di scelta personale. Eppure questo potrà essere compreso solo se un buon numero di persone si esprimerà affermando che l’uccisione di animali e il loro sfruttamento per il consumo devono essere aboliti.
A causa dell’uso del concetto di “veganismo” secondo lo schema che abbiamo analizzato in precedenza, questo è ciò che verrà trasmesso alla mente del pubblico: «Loro non mangiano prodotti di origine animale, perché sono vegani» , che è molto simile a : «Quest’uomo non mangia carne di maiale perché è musulmano». Solo iniziando ad utilizzare chiaramente delle affermazioni di rivendicazione politica delle istanze legate al veganismo sarà chiaro che «Loro stanno boicottando i prodotti animali perché chiedono la chiusura dei macelli / perché richiedono che lo sfruttamento degli animali sia abolito».
Se non vogliamo che la questione sia vista come una semplice scelta personale, quando qualcuno ci chiederà perché non mangiamo prodotti di origine animale, anziché rispondere «Io sono vegano», dovremmo dire: «Io boicotto questi prodotti perché sono per l’abolizione totale dello sfruttamento degli animali».
c. Rafforzamento dello specismo psicologico
L’obiettivo della strategia della conversione è convertire il maggior numero di persone al veganismo, e i mezzi che vengono utilizzati per raggiungere questo obiettivo non sono importanti. Ecco perché vengono utilizzati molti argomenti che non hanno alcun collegamento con l’oppressione e lo sfruttamento degli animali non umani. Ad esempio gli argomenti collegati alla salute sono presenti su molti volantini o siti informativi, e a volte non c’è nemmeno una parola sullo specismo.
Se vivessimo in una società dove si mangiano i bambini, chi criticherebbe questa pratica dicendo che può essere un male per la salute essere cannibali? Nessuno. Questa pratica verrebbe criticata dicendo che i bambini devono poter vivere una vita più lunga e felice possibile e che è assolutamente inaccettabile sacrificarli in nome del gusto e del piacere di alcuni. Se si utilizzasse un messaggio implicito correlato alla salute, quel che giungerebbe alle orecchie di chi ci ascolta sarebbe che gli interessi dei bambini non sono poi così importanti.
Immaginate una manifestazione contro il genocidio in Ruanda in cui i partecipanti si fossero espressi dicendo: «Questo massacro deve cessare immediatamente perché produce troppo sangue e questo inquina le acque sotterranee».
Se è immorale utilizzare argomentazioni ambientali o salutiste quando la pratica che si critica provoca l’uccisione di esseri umani, è immorale utilizzare questo tipo di argomentazioni quando ad essere uccisi sono esseri senzienti appartenenti a specie non umane.
La strategia della conversione ci mette nella condizione di utilizzare ogni argomento possibile al fine di convertire le persone al veganismo, ma quando usiamo argomenti legati alla salute o simili, in definitiva trasmettiamo l’idea che in fondo la vita degli animali non sia così importante.
IV. Cosa fare per abolire la schiavitù degli animali non umani?
a. Esempio di abolizione della schiavitù umana
Prendiamo l’esempio degli abolizionisti della schiavitù umana nel 19° secolo. Hanno cercato di convertire la popolazione verso uno stile di vita che escludesse tutti i prodotti schiavitù umana? No. Hanno espresso la pretesa che la schiavitù umana venisse abolita e hanno aperto un dibattito. Chi si impegna per la liberazione degli animali dovrebbe operare nella medesima forma.
b. Strategia Moralmente inaccettabile
Immaginate che in questo Paese ci siano campi di concentramento in cui sono stati usati schiavi umani per la produzione di vari prodotti, quel che andrebbe detto alla gente sarebbe solo di smettere di comprare questi prodotti andrebbe espressa chiaramente la necessità che questi campi di concentramento chiudano? E’ facile capire la risposta, e che sarebbe del tutto immorale per noi accontentarsi di chiedere alle persone di cambiare le loro abitudini di consumo. Non solo la strategia di conversione è inefficace, ma rafforza inconsciamente specismo e perciò non è una posizione moralmente accettabile.
c. Strategia di movimenti sociali / dibattito pubblico
Se vogliamo abolire lo sfruttamento degli animali, dobbiamo esprimere un reclamo chiedendo la sua abolizione, affinché questa istanza sia sempre più sentita nella società e creare un dibattito pubblico su questo tema. Per esempio, quando scriviamo volantini o facciamo dichiarazioni o organizziamo eventi, invece di utilizzare frasi individualiste come «Diventa vegan!», dovremmo esprimere richieste chiare per un cambiamento nella società: «L’uccisione di animali per il consumo deve essere abolita!». Per illustrare e comprendere appieno la differenza tra le due strategie, si possono analizzare i seguenti esempi.
La strategia di conversione
“Diventa vegan!”
“Il veganismo è un bene per il pianeta”
“Il veganismo è un bene per la salute”
“I vegani fanno meglio l’amore”
“Diventare vegan è una scelta razionale”
“Il cibo vegano è delizioso”
Strategia discussione pubblica / Movimenti Sociali
“Chiediamo l’abolizione dello stato di proprietà degli animali”
“E’ tempo di chiudere il mattatoio!”
“L’uccisione degli animali destinati al consumo deve cessare”
“Gli animali devono avere il diritto legale alla vita”
“Chiediamo il divieto di uccidere animali per il cibo”
“La società deve condannare e combattere lo specismo come combatte il razzismo e il sessismo”
“L’allevamento, la pesca e la caccia, e la vendita e il consumo di prodotti di origine animale, dovrebbero essere aboliti”
Conclusione
Quando mettiamo in atto azioni di attivismo o semplicemente parliamo di argomenti correlati allo sfruttamento dei non umani, dobbiamo fare in modo che il nostro messaggio sia inteso come una richiesta di cambiamento relativa all’intera società. Invece di aver paura e affermare semplicemente noi stessi, dobbiamo avere il coraggio di parlare per gli animali sfruttati esprimendo ciò che vogliamo veramente: “Vogliamo la fine della schiavitù animale”.
Traduzione a cura di Ada Carcione per Veganzetta
Note:
1) Bartels, Daniel M., Proportion Dominance: The Generality and Variability of Favoring Relative Savings Over Absolute Savings (2006). Organizational Behavior and Human Decision Processes, Vol. 100, pp. 76-95, 2006.
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articolo estremamente interessante. Atteggiamenti unitari tra gli antispecisti sarebbero fondamentali per mettere in pratica i suggerimenti. Quella che l’autore definisce strategia di conversione é spesso l’unica a disposizione di chi si muove a livello individuale.
questo è esattamente ciò che penso, ma espresso in termini chiari: grazie per la pubblicazione e la traduzione.
è vero ciò che dice Annamaria, quando si è un singolo è difficile agire così… ma bisogna pensare che anche quando siamo soli siamo parte di un movimento: una femminista da sola continua a sostenere le sue idee inflessibilmente e a testa alta, non cambia strategia quando non è supportata dalle compagne cercando di convincere le persone che in fondo ci sono alternative altrettanto divertenti alla violenza carnale (o alternative altrettanto buone alla bistecca).
purtroppo mediamente l’antispecista è timido nella rivendicazione dei diritti degli animali, forse perchè appunto non sta rivendicando i propri diritti ma quelli di un altro e questo ruolo di mediatore gli toglie forza, ma anche perchè il rischio poi per il singolo è quello di farsi terra bruciata attorno tra amici e parenti specisti….. è un equilibrio delicato.