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Articolo interessante e assolutamente condivisibile di grande attualità. Fa piacere constatare che sono sempre più numerose le voci che si sollevano contro il consumismo vegano.
Fonte: www.collectivelyfree.org/plant-based-is-in-and-so-is-veganwashing
A base vegetale è “in” e quindi è veganwashing
di Lili Trenkova
Nota: Questo articolo è del giugno 2014 (si parla di gelato a base di cocco). La Ben & Jerry’s ha deciso ora di produrre il proprio gelato a base di mandorla.
La B.J. annuncia che dall’aprile 2016 introdurrà gelati vegetali. La notizia è stata celebrata nella communità vegan da molti gruppi e singoli e promossa come “vittoria” dal movimento animalista.
NON parliamo di vittoria.
È desolante e inquietante che la creazione di un prodotto di consumo venga collocata nell’ambito della liberazione animale. Un’offesa assoluta per i miliardi di animali vittime dello sfruttamento umano – in particolare per tutte le mucche maltrattate, torturate e consumate giorno dopo giorno dall’industria del latte. Un gelato al cocco non rende i loro corpi oggetti meno superflui.
La dichiarazione della B.J. arriva a seguito di una petizione implorante l’introduzione di alternative vegetali, decollata sui social grazie a numerosi sostenitori. Ciò che però e sfuggito ad organizzatori e sostenitori della petizione è che, comunque, i loro sforzi non hanno fatto che facilitare il lavoro della B.J.: infatti ora ha la certezza che il gelato vegetale è un qualcosa di vendibile. La realtà è che i gelati vegetali stanno diventando una moda. Sono squisiti e più salutari, e sul mercato le alternative si moltiplicano. Ovviamente, la B.J. vorrebbe vedersi riconosciuta una parte del merito.
Ma torniamo agli animali, nello specifico quelle mucche, e segnaliamo un’altra pecca nella definizione di ciò che viene chiamato vittoria. La B.J. ha solo annunciato il lancio della produzione di gelato vegetale – NON che smetterà di fare gelato di latte. Questo è fondamentale. Come potrebbe dimostrare un qualsiasi studente di matematica di prima elementare, l’aggiunta di X non implica la sottrazione di Y. Le mucche continueranno a soffrire e morire finché verranno trattate come macchine, e l’aggiunta di un sostituto legittimerà tutto questo.
Infine, recenti investigazioni mostrano che, nel sud-est asiatico, una quantità enorme di noci di cocco viene raccolta da macachi schiavizzati.
In quanto tali, non si può definire “vegan” queste noci di cocco – un po’ come l’olio di palma, responsabile della distruzione dell’orangutan e del suo habitat. Più scopriamo tali casi di sfruttamento, più capiamo quanto dirompente è la nostra mentalità da profitto-schiaccia-etica – sia in veste di imprenditori (che mirano a far soldi) che di consumatori (i quali vogliono risparmiare). Se la B.J. sceglie il cocco come base per il suo gelato vegetale, e lo fa procurandosi noci da fattorie che usano macachi, a qualcuno importerà qualcosa? Probabilmente no. Dobbiamo guardare oltre i nostri interessi personali ed essere all’altezza dei nostri valori al massimo possibile. Se davvero ci interessa la giustizia, dobbiamo fare inclusione di tutti, quelli della nostra cerchia così come chi non possiamo e non potremo conoscere mai.
Il gelato vegetale del futuro della B.J. non è una vittoria. Non è roba da festeggiare. È vegan condizionamento (veganwashing), da una ditta che pone il profitto al di sopra dell’etica: un atteggiamento commerciale normalizzato che andrà avanti finché, con coraggio e perseveranza, non sfideremo il sistema che ci siamo costruiti e che permette tutto ciò. Il cambiamento avverrà solo se ci impegneremo attivamente tutti noi, senza compromessi. Unisciti oggi al movimento animalista e aiutaci a porre fine allo specismo.
Trafiletto laterale: La B.J. ha solamente dichiarato che produrrà gelato vegetale – NON che smetterà di produrre quello di latte: questo è fondamentale.
Traduzione a cura di Stefano Forgione
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Sono d’accordo in tutti i sensi con questo articulo! Ben & Jerry’s non è una vittoria! Grazie per la traduzione!
,,,una strategia di marketing per far star buoni i consumatori vegani meno coscienti e preparati sul fronte etico. Serve per ottenere che si schieri l’opinione pubblica dalla propria parte. Nessun autentico cambaimento di coscienza da parte di questi colossi industriali, anzi maggiore cinismo e opportunismi e aggressività per incrementare le vendite.
Si cambia colore…tutto già visto!
…Ed in piu’:
comprando e consumando il gelato vegan del marchio Ben&Jerry, si sosterra’ comunque l’allevamento intensivo delle mucche da latte. Questa azienda, al pari di aziende italiane che affiancano ai loro consueti prodotti animali anche una linea vegan, ricaverra’ un profitto ancora maggiore che andra’ ad incrementare ulteriormente lo sfruttamento e la morte degli animali da questa detenuti. Sostanzialmente i vegani che consumeranno i prodotti di simili aziende altro non faranno che finanziare le stesse fabbriche di morte! Veramente paradossale! Occhio!!!
Esatto!
È lo stesso che comprare il latte di soia della Granarolo o l’oreo cookie senza palm oil della Nabisco.etc.etc…
J&B lanciano un messaggio fuorviante a dimostrazione che in loro non esiste alcuna etica. Purtroppo dietro molti prodotti di origine vegetale si cela lo sfruttamento animale a 360° a partire dalla distruzione degli habitat ancora intatti. Bisogna essere sempre più informati per non farsi ingannare.
Grazie veganzetta per il tuo prezioso contributo!
Secondo me comprare gelati vegetali provenienti da una ditta che produce anche gelati non vegetali fa incrementare la domanda dei primi e perciò fa “capire” a B&J in questione che ci guadagnerà continuando a produrli. È come andare in una gelateria di gelati non vegetali e acquistare gli unici due gusti vegan proposti. Penso faccia capire alla gelateria che ci sono persone felici di mangiare quei due gusti ed è possibile che in futuro ne crei degli altri. Secondo il vostro ragionamento allora non dovrei nemmeno andare a fare la spesa alla Coop, perchè la Coop vende carne e derivati di marchio Coop. Non dovrei più acquistare il mio latte vegetale di Alce nero perchè Alce nero produce anche omogeneizzati di carne. Sono d’accordo nel non finanziare industrie come la Nestlè ad esempio, ma comprare l’alternativa vegan di alcuni marchi storicamente non vegan penso sia un bene e penso anche sia vantaggioso per consumatori vegani e non vegani che ci siano sempre più proposte vegetali e vegane in giro. Non potremmo mai distruggere grandi industrie come Ben&Jerry’s, ma possiamo farle cambiare piano piano. Ad esempio non accendiamo più le lampade usando olio di balena, giusto? Non ascoltiamo più la musica in cassetta, giusto? La multinazionale Shell all’inizio vendeva letteralmente conchiglie. Le industrie esistono per servire le persone e i loro prodotti possono cambiare con il tempo in base a come cambiamo noi. Questo è il mio pensiero, io la vedo così. :)
Cara Emanuela, il tuo pensiero torna spesso nei commenti di Veganzetta, soprattutto negli articoli che trattano di grande distribuzione. Condivido molte cose che hai scritto e come te acquisto nei supermercati prestando attenzione a ciò che acquisto. Oltre una certa soglia non vado. Mi piacerebbe tanto avere un sistema di produzione e di vendita diverso ma non è affatto facile averlo. Certe nostre scelte, se siamo in tanti a farle, possono davvero cambiare qualche cosa.
Certamente bisogna tenere presente che non tutti i prodotto vegetali sono cruelty free; ciò che è scritto sulle noci di cocco e i macachi ne è l’esempio. Vale anche per le banane. Vogliamo parlare del cacao? Lo raccolgono i bambini. O del caffè… E i migranti che raccolgono frutta e verdura? L’elenco è lungo e tribolato e se ci si addentra in questa faccenda si entra in un labirinto.
“Le industrie esistono per servire le persone e i loro prodotti possono cambiare con il tempo in base a come cambiamo noi.”
Sbagliato!
Le industrie (vedi multinazionali) NON servono le persone, bensì SOLO i loro interessi lucrosi. Le corporazioni sono nate da un gruppo di persone che avevano come obiettivo esclusivamente il loro profitto. Nient’altro! Il capitalismo è nato così, non è assolutamente etico e mai lo sarà. Il veganismo salutista sta prendendo piede sempre più anche perchè le aziende si sono accorte che è un nuovo e ricco sbocco commerciale. Più vegani e vegetariani spunteranno fuori…più prodotti veganizzati troveremo sugli scaffali dei supermercati. Il problema naturalmente non è nei vegani o in chi sceglie responsabilmente un alimentazione vegetale…il problema è l’ipocrisia e l’arroganza con cui gli industriali cercano di mistificare i loro grandi profitti opportunisti. Una prova lo è per esempio la questione olio di palma: prima lo difendevano a spada tratta investendo campagne pubblicitarie da milioni di euro…ora lo vogliono eliminare perchè l’opinione pubblica si è accorta dei probabili danni alla salute. Ma qui non c’entra nulla la liberazione Animale, come al solito si guarda solo all’interesse personale dell’individuo, alla sua salute e al suo tenore di vita. Infatti nessuno (o pochi) ha enfatizzato la strage degli Oranghi nelle terre dove si produce il fantomatico ingrediente, o quanto meno lo sfruttamento in atto tra i lavoratori, o la predazione dei territori ai nativi. Lo stesso avviente in ambito “veganista” con una tale confusione da prefiggere una sconfitta piuttosto che una vittoria. Non certamente scegliendo nei propri acquisti il marchio “VeganOk”…gli Animali smetteranno di soffrire e morire. Sono due aspetti della consapevolezza completamente opposti.
Il discorso di Emanuela coglie un punto saliente, così come gli ulteriori commenti. Condivido l’idea che sia necessario contemperare i vari aspetti, cercando di non farsi abbindolare dai falsi proclami delle aziende che in primis hanno come obiettivo il profitto. Certamente al supermercato tra due ipotetiche aziende produttrici di gelato, scegliero’ quella eticamente corretta, ergo quella che produce alimenti vegan per motivi etici…ma questo e’ scontato. Personalmente ambirei, sin dove fattibile, all’autoproduzione, affrancandomi il piu’ possibile dalla frequentazione di supermercati e grande distribuzione! E’ dura!