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Il 3 novembre 1957 dal cosmodromo di Bajkonur in Kazakistan, alle 02:30:00 UTC, veniva lanciato nello spazio tramite il razzo vettore Semyorka (R-7) lo Sputnik 2 con a bordo un piccolo essere senziente di appena 6 kg di peso: era la cagnetta Laika (in realtà il suo vero nome era Kudrjavka).
Il corpo di Laika era rinchiuso in un piccolo abitacolo e connesso a una miriade di elettrodi per monitorare i suoi parametri vitali: al momento del lancio i sensori della base rilevarono una grande accelerazione del battito cardiaco che poi diminuì. Laika aveva paura e nulla e nessuno avrebbe potuto ormai confortarla o aiutarla.
Sono passati esattamente 60 anni da quel tragico viaggio senza ritorno, da allora la memoria di Laika è stata celebrata in mille modi diversi. L’istituto aerospaziale di Mosca ha aggiunto il suo nome all’elenco dei cosmonauti morti in missione, sono stati emessi francobolli in suo onore, a lei è dedicata una statua nei pressi di Mosca. Ma ciò che è accaduto a Laika non ha nulla di eroico e di nobile, è solo la tragica vicenda di un povero Cane randagio sacrificato in nome dell’ambizione umana. Laika avrebbe volentieri vissuto la sua vita sul pianeta che l’aveva generata, invece di morire nell’assoluta solitudine dello spazio a 350 km da ogni cosa che aveva conosciuto, rimanendo sepolta nel suo piccolo mausoleo orbitante per ben 5 mesi prima del rientro.
La sua vicenda pare essere accaduta ieri e continuando a suscitare in noi un profondo senso di colpa, ciò perché in fin dei conti stiamo parlando di un essere senziente che, riponendo la sua fiducia negli Umani, ha sopportato indicibili privazioni e ha perso la vita per qualcosa che non avrebbe mai dovuto riguardarla. Questa incredibile fiducia è ciò che ancora oggi ci turba e ci colpisce, perché sappiamo bene di averla tradita.
Ciao Laika, ti pensiamo sempre.
Fotografia in apertura: “Laika” illustrazione di Simona Dimitri per Veganzetta
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Quest’anno è stata ricordata da molti giornali e TG, probabilmente per via dei 60 anni trascorsi. I decenni tondi tondi fanno notizia.
Ogni volta che si legge o si ascolta questa storia, ci si deve vergognare di tanta crudeltà.
60 anni dopo, non abbiamo smesso di sottoporre gli altranimali a percioli, dolore e torture per i nosri scopi. le cavie per Marte sono già nei laboratori…
Infatti altre Laika sono già prigioniere nei laboratori
La triste storia di Laika la conoscono tutte/i, la questione non è pertanto pubblicizzarla o divulgarla, bensì far capire l’inutilità della crudeltà che una storia del genere rappresenta. Laika ha sofferto ed è morta invano, non è un’eroina della conquista spaziale, ma una vittima e come tale dovrebbe essere ricordata. Ma anche sotto questo punto di vista ci sono dei problemi perché – come tutti gli Animali usati nella sperimentazione scientifica – si tende a pensare che la sua sofferenza sia stata inevitabile perché c’è un bene superiore. In realtà tale bene superiore è semplicemente un nostro tornaconto personale o di specie. La storia di Laika è quindi una tragedia dell’insensibilità e dell’egoismo e lo dimostra anche il fatto che gli scienziati che hanno avuto a che fare con lei e che sono ancora vivi, a distanza di 60 anni provano ancora un senso di colpa per ciò che le hanno fatto.
.. appunto .. troppe altre laika .. bisognerebbe forse fare un’opera di sensibilizazzione anche su questo, voglio dire, mirata .. se ne sa meno che della vivisezione, secondo me tante persone non lo sanno proprio …